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In tema di “querele bavaglio”

Nota a sentenza Corte d’Appello di Perugia Sez. Pen. del 17 settembre 2024, depositata 20 novembre 2024, n. 653/2024; conferma Sent. Tribunale Spoleto del 24 febbraio 2023, depositata 16 marzo 2023, n. 276/2023.

di Maria Cristina Moriconi

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Querele bavaglio. – 3. La vicenda giudiziaria. 4. – La fattispecie astratta in relazione al caso di specie. 5 – Considerazioni conclusive.

1. Introduzione

La pronuncia in commento, emessa dalla Corte d’Appello di Perugia

[1], a conferma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Spoleto[2], costituisce la prima decisione di condanna contro il fenomeno cd. delle “querele bavaglio”, che minano la libertà di espressione del pensiero fondamento di una sana democrazia.

In buona sostanza, a fronte di una querela presentata contro un giornalista che, invece, aveva correttamente aveva riportato una notizia su una questione di interesse pubblico, continente e riscontrata, la Procura, dopo avere archiviato la querela (mirante solo a far desistere il giornalista dal proseguire la sua legittima attività di informazione) ha rinviato a processo il querelante, che è stato condannato per calunnia in primo e secondo grado.

A riprova del grande interesse per il libero esercizio del diritto di cronaca, nei processi si sono costituite a sostegno della parte offesa, come parti civili, l’Ordine dei Giornalisti, la Federazione Nazionale Stampa Italiana e l’Associazione stampa Umbra, cui i giudici, sia in primo e secondo grado, hanno accordato un risarcimento per il danno subito, dall’intera categoria dei giornalisti.

2. Querele bavaglio

Le querele bavaglio o, per dirla con l’acronimo inglese, SLAPP, costituiscono oggi, a seguito della profonda trasformazione cui è stato sottoposto il mondo dell’informazione grazie all’innovazione tecnologica, un problema centrale per un corretto e libero svolgimento della professione giornalistica.

Il mondo dell’informazione, che in assenza di grandi editori e testate, si fonda sul lavoro di migliaia di free lance che sono costretti a pubblicare, soprattutto sul web, articoli per pochi euro, senza garanzie economiche, tutele legali, né strutture organizzate, viene minato da un sempre maggior numero di querele volte non a punire un reato, quanto a intimidire e “zittire” la comunicazione “scomoda”, che, tuttavia, come noto, costituisce la sentinella più efficace per la democrazia.

Querele “bavaglio” che, soprattutto quando provengono dal potente di turno e prospettano l’ipotesi di sanzioni milionarie, finiscono certamente per inibire i giornalisti, ormai privi di tutele organizzative ed economiche, ed hanno indubbiamente un effetto deterrente, che impedisce lo svolgimento di un’attività giornalistica libera ed indipendente. 

In altre parole, la querela bavaglio non colpisce solo il giornalista interessato, ma danneggia il diritto del cittadino ad essere informato ed il pubblico interesse a conoscere.

È d’altronde acclarato come la libera espressione del pensiero, sancita nella nostra Carta Costituzionale all’art. 21, nonché nella C.E.D.U. all’art. 10, sia una pietra angolare di ogni ordinamento democratico, non a caso tra i primi diritti ad essere soppressi, o quantomeno fortemente compressi, all’interno dei regimi dittatoriali.

In Italia il ricorso alle SLAPP è piuttosto diffuso, secondo uno studio condotto sul tema dal Parlamento europeo[3], spetterebbe proprio al nostro Paese il non lusinghiero primato europeo in fatto di querele bavaglio. La via più utilizzata è quella della diffamazione, ma anche il diritto alla privacy ed il diritto all’oblio vengono usati impropriamente per evitare di far emergere verità scomode. Spesso le minacce legali addirittura precedono la pubblicazione stessa, ingenerando un meccanismo intimidatorio ai danni del giornalista.

Il Parlamento italiano sta cercando da anni di emanare una norma che sia in grado di arginare il fenomeno. Il primo tentativo fu il c.d. Ddl Costa nel 2012, con cui si tentò di modificare gli art.594 e 595 c.p., riguardanti rispettivamente il reato d’ingiuria[4] e di diffamazione, la legge non fu mai approvata. Un altro tentativo degno di nota è stato il Ddl Baldoni del 2022, frutto di un’esortazione ad intervenire mossa dalla Corte Costituzionale[5], nei sui confronti sono stati sollevati dubbi, in particolare sul fatto che si propone la cancellazione della pena detentiva per il giornalista, ma non si intende affatto depenalizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa, di cui, anzi, si aumentano le sanzioni pecuniarie, andando a mantenere quindi inalterato l’effetto intimidatorio in grado di generare. L’iter legis è comunque ad oggi praticamente fermo e l’Italia continua ad essere priva di un sistema legislativo che possa tutelare i giornalisti da tali atti vessatori.

Come noto, il virus delle querele bavaglio non è tema esclusivo del nostro Paese, ragione per cui l’Unione Europea è intervenuta in materia con la Direttiva UE 2024/1069 del Parlamento Europeo e del Consiglio[6] – nota come ‘’direttiva anti-SLAPP[7] – con ciò obbligando gli Stati membri a recepirne i contenuti entro due anni, con ampi margini di decisione.

3. La vicenda giudiziaria

La vicenda processuale in esame aveva preso le mosse da una denuncia querela sporta dall’imputato nei confronti di un giornalista di una testata locale on line, in relazione al reato di diffamazione, in riferimento ad un articolo[8] con il quale si attribuiva all’imputato il ruolo di tramite in un contatto avvenuto tra i vertici della Banca Popolare di Spoleto[9] ed un soggetto di nazionalità serba (denominato nell’articolo come il “serbo d’oro”) intenzionato a depositare un bond da 100 milioni di euro a garanzia di investimenti futuri, poi rivelatosi privo di copertura (denominato nell’articolo “bond patacca”). Circostanza della quale l’imputato in sentenza rifiutava la ricostruzione ritenendola finalizzata a diffamarlo, affermando di essersi trovato lì in quel frangente ‘’per caso’’, senza aver svolto alcun ruolo di introduzione del serbo.

Dalla querela era derivata l’iscrizione di un procedimento a carico del giornalista, conclusosi con una richiesta di archiviazione da parte del P.M. Archiviazione motivata con la costatazione che le notizie pubblicate risultavano veritiere e suffragate da un adeguato controllo delle fonti, non potendo perciò essere definibili diffamatorie, bensì espressione del lecito diritto di cronaca, essenza stessa dell’attività professionale del giornalista, nonché di uno Stato democratico e pluralista.

Il P.M. disponeva iscriversi, quindi, autonomo procedimento penale per calunnia a carico del soggetto imputato nella sentenza in oggetto.

Il giudice, basandosi sulle testimonianze escusse, condannava l’imputato ritenendo integrati gli elementi oggettivi e soggettivi del reato ex art. 368 c.p. Si riscontrava, infatti, in capo all’originario querelante condannato, la denuncia di un reato inesistente e la consapevolezza dell’innocenza del giornalista.

Avverso la decisione del giudice di primo grado l’imputato proponeva appello.

La Corte d’Appello di Perugia[10] confermava quanto deciso dal Giudice di primo grado.

4. La fattispecie astratta in relazione al caso di specie

L’interesse tutelato nella vicenda in esame è garantito dall’art. 368 c.p., che condanna l’abuso del processo penale contro un innocente. In altre parole, si ha calunnia reale, quando si simulino le tracce di un reato, creando indizi materiali circa la commissione di un reato mai avvenuto, indirizzando l’autorità giudiziaria verso un soggetto determinato che è estraneo ai fatti attribuitigli. La norma mira ovviamente a garantire la singola persona falsamente ed ingiustamente incolpata, ma ancor più lo Stato che ha interesse a che la giustizia non sia fuorviata o tratta in inganno, bensì proceda secondo criteri di correttezza e che condanni solo chi sia veramente colpevole.[11] Proprio tale duplice possibile offesa insita nella calunnia ha indotto parte della dottrina ad inquadrare tale delitto nell’ambito dei reati c.d. plurioffensivi.[12]

Il reato di calunnia è integrato da due elementi costitutivi: un elemento oggettivo, consistente nel presentare denuncia, querela o istanza diretta all’Autorità Giudiziaria o ad altra Autorità avente l’obbligo di riferire all’Autorità Giudiziaria o l’aver simulato tracce di un reato a carico di qualcuno; un elemento soggettivo che si concretizza nel momento in cui vi sia la volontà dell’incolpazione, unita alla consapevolezza dell’innocenza dell’accusato.

Si tratta di due elementi del tutto autonomi tra loro, ancorché necessariamente complementari, nel senso che l’assenza di uno dei due determina l’inesistenza del reato stesso.

Elemento oggettivo:

La condotta incriminata nel delitto di calunnia può porsi in essere attraverso la presentazione formale di una querela o di una denuncia all’autorità giudiziaria competente palesando l’ipotesi di una calunnia diretta o simulando tracce di reato nel caso di quella indiretta. Affinché il reato si configuri, tale falsità deve necessariamente avere ad oggetto un fatto penalmente rilevante e non semplici dichiarazioni mendaci.[13]

Configurandosi il reato ex art.368 come reato di pericolo[14] se ne deduce che sia sufficiente, per la sua integrazione, anche solo l’astratta possibilità che l’autorità giudiziaria dia avvio ad un procedimento penale[15], occorrendo esclusivamente che la falsa incolpazione contenga  in sé gli elementi sufficienti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di un soggetto univocamente ed agevolmente individuabile; di conseguenza, solamente in caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si sostanzi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare, perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso, l’elemento materiale del delitto di calunnia è da ritenersi insussistente.[16]

Nel caso in esame, circa tale elemento, è stata depositata una querela per il delitto di diffamazione indicando nel giornalista l’autore del delitto stesso e individuando lo specifico articolo (con tanto di indicazione dei passaggi ritenuti diffamatori) nel quale tale reato si sarebbe materializzato. Ed in vero, vi è stato l’avvio di un procedimento penale ed il giornalista è stato anche sottoposto ad interrogatorio nel corso del quale ha prodotto la documentazione relativa alle fonti su cui si era basata la redazione dell’articolo. Il P.M., tra l’altro, nella richiesta di archiviazione, specifica come per alcune parti sia stato necessario effettuare un approfondimento investigativo per valutare se potessero dar luogo al concretarsi del reato art. 595 cp, ciò a riprova che la macchina della giustizia abbia avuto più che un’astratta attivazione. Da quanto esposto si può chiaramente dedurre la presenza dell’elemento oggettivo.

  • Elemento soggettivo (dolo):

Il delitto di calunnia è punito esclusivamente a titolo di dolo[17], il quale possiede qui caratteristiche simili al reato ex art.367 c.p. (simulazione di reato). La configurabilità del dolo eventuale sembra, invece, da escludere.[18]

L’elemento psicologico del reato ex art. 368 c.p. è rappresentato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di incolpare taluno pur essendo consapevole dell’innocenza dell’accusato[19], della rilevanza penale del fatto addebitato e della circostanza che lo stesso non l’abbia commesso. Il dolo del reato di calunnia richiede la certezza assoluta dell’innocenza dell’incolpato.[20] [21]

L’errore sul fatto esclude il dolo: si pensi all’ipotesi in cui si ritenga l’accusato colpevole o si erri sulla effettiva rilevanza penale del fatto.[22] [23]

Affinché possa ritenersi esclusa la consapevolezza dell’innocenza del denunciato occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia tale da poter indurre un soggetto di normale cultura e discernimento a ritenere la colpevolezza dell’incolpato,[24] e non su mere congetture o supposizioni.[25]

Con riferimento ai profili probatori, la prova del dolo può desumersi dalle concrete circostanze e modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà di un’accusa mendace nell’ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito all’incolpato.[26] Così, non sussiste il delitto di calunnia, ad esempio, quando la incolpazione consegue ad un coinvolgimento dell’agente in ordine a profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta denunciata, sempre che tale valutazione soggettiva non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata[27], nonché nel caso in cui il procedimento instaurato a carico dell’incolpato, sebbene conclusosi con sentenza assolutoria abbia non solo accertato la sussistenza materiale dei fatti denunciati, ma anche acclarato profili di illegittimità della condotta.[28]

La giurisprudenza ritiene che la colpevolezza del denunciante sia provata ogniqualvolta la supposta illiceità del fatto non sia fondata su elementi oggettivi, seri e tali da far sorgere dubbi.[29]

Nel caso oggetto della pronuncia in esame, in sentenza leggiamo che, anche con riferimento all’elemento soggettivo, deve ritenersi provato che il querelante abbia consapevolmente denunciato il giornalista,  sostenendo che quanto da questi scritto non corrispondesse al vero, ben conoscendone, invece, la veridicità ed essendo ampiamente consapevole che tali notizie erano già state riportate da altre testate, locali e nazionali, (tra cui il ‘’Sole 24 Ore’’ che aveva usato proprio il termine ‘’serbo d’oro’’[30]).

Il dolo dell’imputato è stato poi ulteriormente evidenziato dall’opposizione al decreto di archiviazione del giudice relativamente all’ipotesi di diffamazione, elemento che, come scritto in sentenza, rappresenta ‘’riprova di dolo particolarmente intenso’’.

5. Considerazioni conclusive

In definitiva pare opportuno riportare alcuni passi della sentenza di primo grado, in cui sono ben chiariti gli aspetti giuridici rilevanti per identificare una cd. “querela bavaglio”. Di fronte a due diritti entrambi tutelati dal nostro ordinamento (la tutela dell’onorabilità del calunniato a mezzo stampa e il diritto del giornalista ad informare) la sentenza del Tribunale di Spoleto  evidenzia che «nel caso di querela per diffamazione, ove il querelante lamenti la lesione della propria reputazione per uno scritto rispetto al quale l’archiviazione si fondi sulla giurisprudenza […] relativa al diritto di critica, di cronaca, al diritto di esprimere la critica con espressioni anche estremamente virulente, non può ravvisarsi la calunnia: ciò che per comune sentire è ingiustamente lesivo, viene ritenuto legittima espressione del diritto di critica o di cronaca al fine di garantire il diritto alla informazione ed il diritto di critica, ma il soggetto passivo di tale diritto ben può in tutta onestà ritenersi leso ed adire l’Autorità Giudiziaria, senza con ciò integrare il delitto di calunnia. Diverso è il caso in cui si affermi la falsità di fatti oggetto dell’articolo incriminato: in quel caso non vi è possibilità di interpretazioni diverse. Un fatto può essere avvenuto o non avvenuto e se avvenuto, il dichiarare il contrario al fine di accusare chi invece lo ha descritto è certamente un comportamento calunnioso»[31].

In altri termini, non si discute certo della necessità di proteggere il proprio onore nei confronti del mondo esterno e di garantire la propria reputazione nella società in cui si vive, così come tutelato dall’art. 595 c.p., ma non può essere tollerato, nell’interesse della democrazia, della giustizia, che la denuncia diventi uno strumento per mettere a tacere chi abbia diffuso notizie “scomode” o espresso opinioni non condivise.


[1] Corte d’Appello di Perugia Sez. Pen. del 17 settembre 2024, depositata 20 novembre 2024, n. 653/2024

[2] Trib. Spoleto sent. 24 febbraio 2023, n. 276/2023 con motivazione depositata 16 marzo 2023 (Giudice unico E. Massini)

[3] Studio ‘’Casi SLAPP aperti nel 2022 e 2023’’ del 9 novembre 2023 commissionato dalla Commissione Europea per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo per esaminare i casi e le minacce SLAPP nel 2022 e 2023. I dati sono il risultato di un monitoraggio effettuato su 41 Stati, membri UE e candidati. In totale sono stati rilevati 166 casi di SLAPP; l’Italia risulta il Paese in cui si è registrato il maggior numero di azioni (26), a seguire la Romania (15), Serbia (10) e Turchia (10). Un dato, quello italiano, definito come ‘’preoccupante’’ dagli autori del report.

[4]  Abrogato con D.Lgs del 15 gennaio 2016 n. 7.

[5]  Corte cost., 12 luglio 2021, n. 150; la Corte ha affrontato e definito la questione di legittimità rispetto ai principi fondanti del nostro ordinamento giuridico sanciti nelle norme di cui all’art. 13 della L. 47/1948 e dell’art. 595 n. 3 c.p., regolatrici della diffamazione a mezzo stampa e con i mezzi di comunicazione al pubblico: si afferma che, nell’ipotesi di diffamazione a mezzo stampa, la pena della reclusione sia da comminare solo nei casi di eccezionale gravità, mentre il giudice si dovrà limitare all’applicazione della multa, opportunamente graduata a seconda del caso concreto, in tutte le altre ipotesi.

[6] Direttiva UE 2024/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da domande manifestatamente infondate o procedimenti giudiziari abusivi (“azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica’’).

[7] Strategic Lawsuits Against Public Partecipation

[8] Articolo apparso sul quotidiano Tuttoggi.info, del 12 marzo 2017 a firma di Carlo Ceraso.

[9] La vicenda rivestiva un notevole interesse dal momento che la Banca Popolare di Spoleto era un importante istituto di credito, operante in tutto il territorio nazionale, fondata a fine ‘800 e che era rimasta l’unica banca umbra. A seguito delle vicende, esaminate pure nell’articolo oggetto della “querela bavaglio”, è stato dichiarato il default la BPS, che, quindi, è stata incorporata per fusione dal Banco Desio.

[10] C. App. Perugia Sez. Penale, sent. 17 settembre 2024, depositata 20 novembre 2024, n. 653/2024, (Pres. Battistacci).

[11] MARONGIU, Calunnia (dir. intermedio), in Enc. dir., V, Milano, 1959, p. 816, ‘’nell’epoca moderna -per esempio, nella nuova legislazione criminale toscana di Pietro Leopoldo, del 1786 – si vede meglio che in passato che la calunnia offende e danneggia non soltanto colui che è falsamente accusato, ma l’amministrazione della giustizia e, in definitiva lo Stato’’

[12] La dottrina si è espressa, in verità, in tre diverse teorie. Una, più tradizionalista ed in linea con i dettami del Codice Rocco che colloca il reato di calunnia nel Titolo II capo I del libro II dedicato ai delitti contro l’amministrazione della giustizia, inquadra esclusivamente nella corretta amministrazione della giustizia l’interesse tutelato. In tal senso, PANNAIN, Calunnia e autocalunnia, in Nss. Dig. It., II, Torino, 1958, p.678 ss; CURATOLA, Calunnia (dir.pen.), in Enc. Dir., V, Milano, 1959, p. 817 ss.; MONTALBANO, Profili dommatici del delitto di calunnia, in Riv. pen., 1962, I, p.30. Un’altra, cui abbiamo accennato, che riconosce alla fattispecie in oggetto carattere plurioffensivo (onore e libertà personale della persona offesa e corretta amministrazione ella giustizia) ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, II, Milano. Una terza che esclude dalla tutela l’interesse dello Stato. PULITANO’, Calunnia e autocalunnia, in Dig. disc.pen., II, Torino, 1988, p. 9 ss.; FIANDACA – MUSCO, Diritto penale, I, Bologna, 1988; PAGLIARO, La calunnia, Palermo, 1961.

[13] Cfr. BARTOLO, Calunnia, in di F. Coppi (a cura), Delitti contro l’amministrazione della giustizia, Giappichelli Editore, Torino, 1996.

[14]  Cass. pen. sez. VI, 26 gennaio 1993, n.1253.

[15]  CARINGELLA – GAROFOLI, La giurisprudenza penale 2006, Giuffrè, Milano, 2006, p. 371.

[16] cfr. per la giurisprudenza di merito: Tribunale Nocera Inferiore, 28 gennaio 2021, n.154; Tribunale di Campobasso, 19 gennaio 2015, n.8; Tribunale di Campobasso, 07 gennaio 2015,n.968; e, per la giurisprudenza di legittimità: Cass. pen., sez. II 19 dicembre 2017, n.14761: ‘’Ai fini della configurabilità del reato di calunnia non è necessario l’inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di una persona univocamente ed agevolmente individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare – perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso – la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l’elemento materiale della denuncia’’; Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2014, n. 10280; Cass. pen., sez.VI, 04 maggio 2010, n. 32325; Cass. pen., sez VI, 11 marzo 1980 n 302.

[17]  Cfr. BARTOLO, Calunnia, in di F. Coppi (a cura), Delitti contro l’amministrazione della giustizia, Giappichelli Editore, Torino, 1996, cit., p. 191.

[18] PAGLIARO, La calunnia, Palermo, 1961, cit., p. 90.

[19] La ‘’consapevolezza dell’innocenza dell’accusato’’ ha diviso dottrina e giurisprudenza in ordine al fatto che esso possa considerarsi parte integrante dell’elemento soggettivo o, invece, della condotta. La giurisprudenza maggioritaria lo inserisce nell’elemento soggettivo; la tesi opposta è sostenuta da una corrente minoritaria e da parte della dottrina, tra cui cfr. GAROFOLI, Calunnia, in Manuale di Diritto Penale, Parte speciale, I, Giuffrè, Milano, 2005, p. 303.

[20] In senso conforme si è espressa anche la recente giurisprudenza di merito: Tribunale Trieste, 24 giugno 2021, n. 718 e di legittimità: Cass. pen., sez.VI, 12 settembre 2014, n.37653; Cass. pen., sez.VI, 25 gennaio 2012 n.3179; Cass. pen., sez. VI, 12 aprile 1995, n.3308.

[21] Cfr. RONCO – ARDIZZONE, Codice Penale ipertestuale, UTET, 2007.

[22] ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, II, Milano, cit., p.512.

[23]  Cass. pen. sez.VI 24 giugno 2013 n.27729; Cass. pen. sez. VI, 27 aprile 2012, n.26819; Cass. Pen. sez. VI, 27 maggio 2009, n.22118.

[24] Cass. pen. sez. VI, 15 aprile 2020, n. 12209; Cass. pen. sez. VI, 15 giugno 2012, n. 29117.

[25] PETRICCIONE, Brevi note in ordine alla configurabilità del dolo eventuale nel delitto di calunnia, in Riv. pen., 1995, p. 614.

[26]  Cfr. Cass. pen. sez.VI, 22 gennaio 2014, n.10289.

[27]  Cfr. Cass. pen. sez.VI, 13 novembre 2015, n. 50254.

[28]  Cfr. Cass. pen. sez. VI, 27 gennaio 2015, n. 11310

[29] Cfr. Cass. pen. sez.VI, 15 aprile 2020 n.12209, cit.; Cass. pen. sez.VI, 15 giugno 2012, n.29117.

[30] Articolo pubblicato su ‘’Il Sole 24 Ore’’ del 18 settembre 2012, a firma di Simone Filippetti. La mancata querela nei confronti di una testata nazionale e invece l’accanirsi contro un free lance, operante su una testata on line di informazione locale, privo di forti tutele editoriali, è stato sottolineato dalle difese delle parti civili, per evidenziare la pericolosità del fenomeno delle querele bavaglio, stante l’organizzazione dell’odierna comunicazione giornalistica.  

[31] Trib. Spoleto 24 febbraio 2023, n. 276, cit. p.10.

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