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La Charte de l’Environnement a vent’anni dalla sua introduzione ed il costituzionalismo ambientale.

di Carmine Petteruti, Ricercatore di diritto pubblico comparato, Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli

Abstract

La Charte de l’environnement compie vent’anni, restando un esempio rilevante di costituzionalizzazione dell’ambiente. Non vi è dubbio che l’esperienza francese abbia rappresentato un modello al quale si è inspirato anche l’Italia. La riforma dell’articolo 9 della Costituzione rappresenta un avvenimento importante nel quadro costituzionale, non solo per la collocazione dell’ambiente tra i principi fondamentali ma anche per le implicazioni costituzionali che la riforma ha comportato. Un confronto tra le due esperienze appare utile nel tentativo di tracciare i percorsi di un costituzionalismo ambientale ormai necessario.

Abstract

The Charte de l’environnement turns twenty, remaining a relevant example of constitutionalization of the environment. There is no doubt that the French experience represented a pattern that inspired Italy too. The reform of Article 9 of the Italian Constitution represents an important event in the constitutional framework, not only for the placement of the environment among the fundamental principles but also for the constitutional implications that the reform has entailed. A comparison between the two experiences seems useful in the attempt to draw the paths of an environmental constitutionalism that is now necessary.

Parole chiave: Charte de l’environnement, Costituzione italiana, costituzionalismo ambientale, preamboli costituzionali.

Key words: Charte de l’environnement, Italian Constitution, environemental constitutionalism, constitutional prembles.

1. La Charte de l’Environnement

La Charte de l’environnement compie vent’anni. Introdotta nel 2004, la Charte consiste in un corpus di norme specificamente dedicato all’ambiente[1]. La giurisprudenza del Conseil Constitutionnel ha ormai equiparato la Carta dell’ambiente alle disposizioni della Costituzione del 1958 e alle altre fonti contenute nel Preambolo della Costituzione. La Charte, dunque, integrandosi con i precetti e i valori del bloc de constitutionnalité, fissa gli obiettivi di politica statale, diritti, obblighi, principi di gestione e tutela dell’ambiente che, in base all’articolo 10, ispirano «l’action européenne et internationale de la France»[2].

Più specificamente, l’articolo 1 sancisce il diritto all’ambiente; in particolare, a vivere in un ambiente equilibrato e «respectueux de la santé», profilando un approccio di tipo soggettivo. Previsione alla quale è abbinato un dovere generalizzato di prendere parte alla tutela e allo sviluppo dell’ambiente, previsto all’articolo 2: «Toute personne a le devoir de prendre part à la préservation et à l’amélioration de l’environnement». Fondamentali sono inoltre gli articoli 3, 4 e 5 dedicati ai principi di gestione dell’ambiente[3]. In particolare, l’articolo 5 attribuisce valore costituzionale al principio di precauzione, prevedendo che «lorsque la réalisation d’un dommage, bien qu’incertaine en l’état des connaissances scientifiques, pourrait affecter de manière grave et irréversible l’environnement, les autorités publiques veillent, par application du principe de précaution et dans leurs domaines d’attributions, à la mise en oeuvre de procédures d’évaluation des risques et à l’adoption de mesures provisoires et proportionnées afin de parer à la réalisation du dommage». La previsione del principio è, dunque, in linea con la necessità che l’incertezza scientifica sulla possibilità del verificarsi del danno ambientale non costituisca un limite nella valutazione e nell’adozione delle misure idonee a prevenirlo. Il principio di prevenzione e del «chi inquina paga» sono, invece, recepiti sottoforma di dovere, rispettivamente all’articolo 3 che impone a ciascuno, in base alle condizioni stabilite dalla legge, di prevenire i danni all’ambiente o comunque limitarli, e all’articolo 4 che impone a chiunque l’obbligo di contribuire alla riparazione dei danni provocati all’ambiente[4].

Seguono poi le disposizioni che individuano i criteri e le modalità di perseguimento della conservazione dell’ambiente e della realizzazione dello sviluppo sostenibile. A questo proposito, l’articolo 6 prevede che: «Les politiques publiques doivent promouvoir un développement durable. A cet effet, elles concilient la protection et la mise en valeur de l’environnement, le développement économique et le progrès social». Esso, quindi, individua tra i fini delle politiche pubbliche quello della promozione dello sviluppo sostenibile, che dovrà consentire l’accostamento della crescita economica e sociale agli obiettivi di tutela e valorizzazione dell’ambiente, su percorsi di funzionalità reciproca. D’altra parte, in base all’articolo 8 «L’éducation et la formation à l’environnement doivent contribuer à l’exercice des droits et devoirs définis par la présente Charte», a cui si aggiunge l’articolo 9 il quale dispone che: «La recherche et l’innovation doivent apporter leur concours à la préservation et à la mise en valeur de l’environnement». Dunque, la ricerca e l’educazione ambientale contribuiscono, rispettivamente, a perseguire la conservazione e lo sviluppo dell’ambiente nonché a realizzare l’esercizio dei diritti e dei doveri previsti nella Charte. All’articolo 7, invece, è riconosciuto il diritto di accesso alle informazioni in possesso delle autorità pubbliche e di partecipazione alle decisioni pubbliche che abbiano un impatto sull’ambiente[5].

Il dato innovativo della Charte de l’Environnement – e che rende la costituzione francese una «rumorosa eccezione»[6] nel panorama del costituzionalismo ambientale europeosta nel suo rappresentare il «primo esempio di un approccio articolato alla costituzionalizzazione della materia nel panorama occidentale, anche se risulta ancora caratterizzata da una prospettiva antropocentrica di sapore novecentesco»[7].

2. Il contributo giurisprudenziale alla costituzionalizzazione della Charte de l’Environnement.

Il riconoscimento del valore costituzionale della Charte de l’Environnement è collegato a due sentenze: una del Conseil Constitutionnel del 19 giugno 2008[8], avente ad oggetto la Legge sugli OGM, e un’altra del Consiglio di Stato del 3 ottobre 2008[9]. Prima di quell’anno, sia il Consiglio costituzionale che il Consiglio di Stato avevano già avuto modo di esprimersi su questioni riguardanti la violazione delle disposizioni contenute nella Carta dell’ambiente, pur persistendo in dottrina perplessità sul valore costituzionale del testo[10]. Dubbi hanno trovato soluzione nelle richiamate sentenze, in occasione delle quali i giudici del Conseil e quelli amministrativi hanno affermato esplicitamente la portata ed il valore costituzionale di tutti i diritti e doveri indicati nella Charte. Invero, nel commento alla pronuncia sulla Legge sugli OGM – facendo riferimento ai diritti e doveri definiti nella Carta dell’ambiente del 2004 inserita nel Preambolo, e ponendo così la Charte sullo stesso piano della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e del Preambolo della Costituzione del 27 ottobre 1946 – si afferma chiaramente che la legge costituzionale del 1º marzo 2005 ha necessariamente conferito valore costituzionale alla Carta[11]. Tale valutazione sarebbe, poi, stata estesa dal Conseil anche al Preambolo della Charte stessa, con le sentenze del 7 maggio 2014[12] e del 31 gennaio 2020[13].

Nello specifico, con la sentenza n. 2019-823 QPC del 31 gennaio 2020, il Conseil Constitutionnel è stato chiamato ad esaminare la conformità alla Costituzione dell’articolo L. 253-8, paragrafo IV, del Code rural et de la pêche maritime, così come modificato dalla Loi n. 2018-938 del 30 ottobre 2018, nota come “EGAlim 1”, per bilanciare le relazioni commerciali nel settore agroalimentare e alimenti sani, sostenibili e accessibili a tutti[14]. A partire dal 1° gennaio 2022, la Legge EGAlim 1 proibisce la produzione, lo stoccaggio e la circolazione di prodotti fitosanitari che contengono sostanze non approvate per ragioni di tutela della salute di uomo, animali o ambiente. L’associazione ricorrente obiettò che tale divieto di esportazione costituisse un’esplicita violazione della libertà di impresa. Il Conseil Constitutionnel ha, invece, dichiarato la piena conformità dell’articolo al testo costituzionale, in quanto la garanzia della tutela dell’ambiente e della salute pubblica devono ritenersi ‘objectif de valeur constitutionnelle’ (‘obiettivi di valore costituzionale’), anche detti ‘OVC’[15]. Pertanto, sia l’ambiente che la salute pubblica devono essere tutelati anche al di fuori dei confini dello Stato. Con una raffinata opera di bilanciamento tra libertà di impresa e protezione della salute e dell’ambiente, il Conseil Constitutionnel ha contemperato i due interessi, conferendo pieno riconoscimento costituzionale alla tutela dell’ambiente, così come previsto nel Preambolo della Charte de l’Environnement. Il Conseil ha infatti precisato che è stabilito proprio nel preambolo della Charte che la tutela dell’ambiente, definito come “patrimonio comune degli esseri umani” costituisce un “objectif de valeur constitutionnelle”. Invero, secondo il preambolo della Charte, “l’avenir et l’existence même de l’humanité sont indissociables de son milieu naturel … l’environnement est le patrimoine commun des êtres humains… la préservation de l’environnement doit être recherchée au même titre que les autres intérêts fondamentaux de la Nation … afin d’assurer un développement durable, les choix destinés à répondre aux besoins du présent ne doivent pas compromettre la capacité des générations futures et des autres peuples à satisfaire leurs propres besoins”[16]. Sebbene precedentemente il Consiglio Costituzionale si fosse pronunciato in termini diversi[17], in questo modo, neanche troppo indirettamente, è stato conferito pieno valore costituzionale non solo alla Charte, ma anche al suo Preambolo, estendendo ancor di più il parametro di costituzionalità e, conseguentemente, il già robusto bloc de constitutionnalité. Come visto in precedenza, il Consiglio costituzionale aveva già integrato la Carta nel bloc de constitutionnalité, formulando il principio secondo cui l’insieme dei diritti e doveri definiti nella Charte de l’Environnement ha valore costituzionale[18]; non era però molto chiaro se incorporasse altresì il suo Preambolo, che non definisce esplicitamentetali diritti e doveri. A ben vedere, è in ogni caso difficile dissociare il Preambolo da tali diritti e doveri. In questa cornice, oltre ad aver sciolto queste perplessità, la sentenza del 2020 rappresenta un’inversione di tendenza rispetto alla giurisprudenza precedente, testimoniando la volontà del Conseil di conferire maggiore centralità alla tutela dell’ambiente[19].

A questo proposito può citarsi anche la sentenza del Tribunale amministrativo di Parigi del 3 febbraio 2021 con la quale lo Stato francese è stato condannato per non aver intrapreso le azioni

necessarie ad affrontare il fenomeno dei cambiamenti climatici, richiamando il préjudice écologique previsto dall’articolo 1246 del codice civile francese in virtù del quale chiunque è responsabile del danno ecologico è tenuto a ripararlo. Danno ecologico che l’articolo 1247 dello stesso codice ravvisa in ogni attacco significativo agli elementi o alle funzioni degli ecosistemi o ai benefici collettivi che l’uomo trae dall’ambiente. Disposizione quest’ultima ritenuta conforme alla Charte de l’Environnement dal Conseil constitutionnel[20].

3. La Charte de l’Environnement ed il Preambolo della Costituzione francese. Consonanze e dissonanze con la Costituzione italiana.

Così come per la Charte de l’Environnement, il contributo giurisprudenziale è stato decisivo anche per il riconoscimento della valenza normativa del Preambolo della Costituzione francese. La forte connotazione normativa del Preambolo francese, in controtendenza rispetto al più generale riconoscimento del valore meramente simbolico e declamatorio o interpretativo dei preamboli costituzionali, trae origine dalla Sentenza del Conseil Constitutionnel n. 71-44 del 16 luglio[21], che equiparò il valore del Preambolo della Carta fondamentale a quello delle disposizioni contenute nell’articolato costituzionale[22]. La sentenza ha rappresentato per il Conseil Constitutionnel una vera svolta, anche politica, determinando una rottura con l’iniziale approccio prudenziale che lo aveva ridotto quasi ad organo ausiliario del Governo e ad una condizione di sostanziale subordinazione al principio della sovranità incontrastata della legge. La sentenza del 1971 ha sancito anzitutto il valore costituzionale del Preambolo. Quindi, ha ampliato il parametro di conformità alla Costituzione; ha applicato i principi fondamentali riconosciuti dalle leggi della Repubblica; ha affermato il ruolo del Conseil come garante delle libertà fondamentali; infine, ha riconosciuto come fondamentale la libertà di associazione[23]. Il Conseil ha riconosciuto, dunque, al Preambolo della Costituzione del 1958 pieno valore costituzionale, individuando i principi fondamentali riconosciuti dalle leggi della Repubblica (citati nel Preambolo del ‘46) come nuovo parametro di conformità alla Costituzione[24].

Da questo punto di vista, il Preambolo della Costituzione francese può essere collocato nell’ambito di quei preamboli costituzionali che richiamano fonti esterne[25]. Infatti, oltre alla Charte de l’Environnement il Preambolo francese richiama espressamente la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e il Preambolo della Costituzione del 1946. Tali fonti rientrano nel cosiddetto bloc de constitutionnalité, espressione che fa riferimento all’insieme di norme impiegate dal Conseil Constitutionnel come parametro di conformità alla Costituzione, e quindi di legittimità, delle leggi[26]. Come osservato in dottrina, se è vero che la parola bloc rimanda ad un insieme omogeneo solido e compatto, il concetto di bloc de constitutionnalité è stato, fin dalla sua originaria formulazione, stabilito come un insieme eterogeneo ma soprattutto aperto di fonti[27]. Fonti che lo stesso Conseil, attraverso alcune delle sue più significative pronunce,ha stabilito essere parti sostanziali del Preambolo. Non a caso il Preambolo francese è stato definito come “preambolo matrioska[28], per il fatto che rimanda ad una serie di disposizioni che rinviano ad altre e che, a loro volta, aprono il varco ad un ulteriore richiamo esterno.

La Charte de l’environnement, redatta a seguito della consultazione nazionale della commissione Yves Coppens, adottata dal Parlamento nel giugno 2004, ha acquisito valore costituzionale essendo stata integrata nel preambolo della Costituzione dalla legge costituzionale 1° marzo 2005. Essa testimonia il nuovo impegno dello Stato francese della tutela degli equilibri ecologici del pianeta, in un’ottica – antropocentrica – di sviluppo necessario al benessere delle popolazioni presenti e future. Questa prospettiva può forse essere colta oggi anche nella Costituzione italiana che, come la Costituzione francese, ha collocato la tutela dell’ambiente nella parte iniziale del testo costituzionale e precisamente nella parte dedicata ai Principi fondamentali. La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 ha infatti modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente. In particolare, il testo dell’articolo 9 è stato integrato con un nuovo comma che affida alla Repubblica la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Rimandando alla legge dello Stato la disciplina dei modi e delle forme di tutela degli animali. A tale previsione si aggiunge il nuovo testo dell’articolo 41 che pur riconoscendo la libertà dell’iniziativa economica privata, prevede dei limiti quali: l’utilità sociale, la salute, l’ambiente, la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Il confronto tra l’esperienza francese e quella italiana è più che legittima se si considera come la normativa francese abbia ispirato alcune fonti fondamentali del diritto dell’ambiente italiano tra cui il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non a caso indicato come il Codice dell’ambiente italiano, denominazione chiaramente ispirata al Codice dell’ambiente francese. A ben vedere, se il riconoscimento del valore costituzionale al Preambolo e alla Charte de l’Environnement ha avuto una rilevanza importante nell’ordinamento costituzionale francese, altrettanto importante è stata la modifica dell’articolo 9 della Costituzione italiana.

La riforma costituzionale si inserisce in un trend mondiale di convergenza sull’idea della centralità della tutela dell’ambiente per il diritto costituzionale, dando vita al fenomeno noto come costituzionalismo ambientale[29]. Tuttavia, la riforma dell’art. 9 ha assunto un’importanza ulteriore circa la natura e la funzione delle disposizioni di cui agli articoli 1-12 della Costituzione e, soprattutto, in merito alla loro modificabilità. Infatti, la riforma di una disposizione inserita nella parte dedicata ai principi fondamentali ha rappresentato il superamento di quella idea di immodificabilità dei Principi fondamentali anche se va detto che la modifica in questione non ha comportato una abrogazione di disposizioni costituzionali quanto piuttosto di una integrazione.

Il dibattito sorto intorno alla modifica dell’art. 9, prima e dopo la sua approvazione, è stato quindi un confronto tra posizioni ‘conservatrici’ meno inclini alla modificabilità di quegli articoli e posizioni, invece, più aperte ed inclini ad accogliere ipotesi di modifica migliorative, nel segno di un arricchimento e dell’ulteriore specificazione di quel novero di valori che i costituenti posero come fondamenta dell’ordinamento. Tenendo conto che la sentenza della Corte costituzionale n. 1146 del 29 dicembre 1988 ha sancito che la Costituzione italiana contiene dei principi supremi che non possono essere sconfessati o modificati nel loro contenuto essenziale dalle leggi di revisione costituzionale o dalle altre leggi costituzionali. Esistono, dunque, anche nell’ordinamento costituzionale italiano dei limiti assoluti che la Costituzione pone espressamente alle leggi di revisione e alle altre leggi costituzionali, come la forma repubblicana (art. 139), ma ritiene altresì che esistano principi che, benché non espressamente menzionati, conformano lo spirito della Costituzione e costituiscono altrettanti limiti invalicabili da parte della revisione costituzionale[30].

I principi supremi giocano un ruolo di decisiva importanza da un lato, per il diritto interno, che si esprime come limite per le revisioni costituzionali; dall’altro, come «controlimiti»[31] alla produzione di effetti nell’ordinamento italiano da parte del diritto europeo. Se, alla luce dell’art. 117 Cost., come modificato dalla l. cost. n. 3 del 2001, è pacifico il primato delle fonti europee sugli atti aventi forza di legge, dubbi permangono rispetto alle norme costituzionali e in particolar modo ai principi fondamentali della Costituzione[32].

In questo quadro, la modifica dell’articolo 9 – richiamando autorevole dottrina secondo la quale una modifica di tal genere, è non solo accettabile ma è auspicabile confermare la forza normativa dei principi fondamentali col passare del tempo e con il mutamento delle circostanze [33]– è possibile rilevare che la giurisprudenza della Corte costituzionale sul tema sia nel senso dell’impossibilità di restringere il contenuto normativo dei principi fondamentali, senza tuttavia escludere un suo ampliamento, lasciando così al legislatore costituzionale la possibilità di agire, senza alterare l’equilibrio valoriale sul quale poggia il sistema giuridico[34].

Altra parte della dottrina, pur ritenendo possibili riforme migliorative, assume un atteggiamento più cauto preferendo evitare in quanto «aprire una porta ad azioni di questo tipo significherebbe altresì non poterla chiudere a riforme peggiorative»[35].

Infine, vi è chi si è posto a favore della riforma dell’articolo 9, valorizzando l’aspetto più dibattuto ovvero la collocazione topografica, che è in grado di fornire una tutela massima al valore ambientale oggetto di quella riforma, senza intaccare il nucleo dei principi supremi che, a ben vedere, non coincide con gli articoli 1-12 della Carta fondamentale[36], bensì con «quei valori supremi che sono alla base dell’ordinamento democratico quale fondamento di tutti i diritti e di tutte le libertà e che, a differenza di questi ultimi, non costituiscono oggetto di bilanciamento e non possono arretrare in sede di giudizio di legittimità»[37].

L’idea di un ordine obiettivo di valori presupposto dalla carta costituzionale è testimoniata sia dal frequente ricorso al lessico dei “valori” sia dalla categoria dei c.d. principi costituzionali supremi, ossia principi costituzionali dotati di un valore gerarchico superiore a tutti gli altri principi costituzionali[38].

4. L’esigenza di una costituzionalizzazione dell’ambiente.

È, dunque, evidente che le tematiche ambientali hanno ormai assunto una valenza strutturale negli ordinamenti costituzionali, coinvolgendo valori, diritti e principi che hanno assunto una connotazione più articolata rispetto al passato[39]. La costituzionalizzazione dell’ambiente rappresenta, pertanto, una dimensione necessaria in grado di coordinare non solo le diverse fonti dalle quali attinge il diritto dell’ambiente, ma anche le diverse discipline che inevitabilmente intervengono nella gestione delle problematiche ambientali[40].

In questo quadro la Charte de l’environnement colloca la Costituzione francese tra le costituzioni revisionate dal punto di vista ambientale insieme all’Italia (ma anche all’Austria e al Belgio), fissando diritti e doveri rispetto all’ambiente e collocando quei diritti e quei doveri nel bloc de constitutionnalité. Da questo punto di vista, sebbene la portata della riforma dell’articolo 9 della Costituzione italiana sia stata più contenuta, non può negarsi che la introduzione del nuovo comma abbia posto aspetti importanti sul piano costituzionale. Della modificabilità dei Principi fondamentali si è già detto; sono da aggiungere il riferimento alle future generazioni che pone un criterio costituzionale di utilizzo delle risorse naturali (peraltro già enunciato dalla Legge Galli del 1994[41]) evidentemente conformato al principio dello sviluppo sostenibile. Previsione che si raccorda con i limiti prescritti dall’articolo 41 relativamente all’esercizio dell’attività d’impresa. E poi la previsione di una tutela che si configura come dovere della Repubblica ma che, evidentemente chiama in prima istanza lo Stato che, in base all’art. 117, comma 1, lett. s), della Costituzione ha la competenza esclusiva in tema di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Previsione da coordinare con quanto previsto dalla lettera h) dello stesso articolo in tema di ordine pubblico e sicurezza. In buona sostanza, la previsione della tutela dell’ambiente tra i principi fondamentali della Costituzione italiana, pone un problema di responsabilità dello Stato anche sotto il profilo della sicurezza e dell’ordine pubblico. Questa responsabilità, se non ottemperata, non può che esporre lo Stato stesso ad azioni in sede giudiziaria come già si è profilato con la sentenza del Tribunale di Roma (cd. caso giudizio universale)[42], prima causa climatica in Italia che si colloca sula scia di quelle di altri paesi come la Francia in relazione alla sentenza resa del Tribunale amministrativo di Parigi del 3 febbraio 2021 con la quale è stata riconosciuta la responsabilità dello Stato francese in relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi e al mancato rispetto degli impegni imposti dall’Unione Europea in materia di riduzione dei gas a effetto serra per la lotta ai cambiamenti climatici. A ben vedere, una prospettiva di sicurezza ambientale si profila anche nell’ordinamento francese considerato che la previsione dell’articolo 1 della Charte di un diritto ad un ambiente equilibrato e «respectueux de la santé» implica una possibilità di pretesa di azioni positive in grado di assicurare la effettività di quel diritto. Dunque, la sicurezza ambientale diviene centrale nella prospettiva di costituzionalizzazione dell’ambiente riferendosi allo stato di protezione degli interessi dell’individuo, della società e dell’ambiente naturale dalle minacce derivanti da impatti antropogenici e naturali sull’ambiente.


[1] M. Zinzi, Ambiente e riforme costituzionali. La Charte de l’environnement francese, Napoli, 2005, 59 ss.; si veda anche M. Zinzi, La Charte de l’environnement francese tra principi e valori costituzionali, Napoli, 2011, che offre una disamina della giurisprudenza del Conseil Constitutionnel e del Conseil d’Etat, analizzando l’interessante esperienza della Carta dell’ambiente francese e la connessa questione dell’efficacia delle nuove disposizioni costituzionali nel sistema delle fonti.

[2] Sul bloc de constitutionnalité, si rimanda a L. Favoreu, Le principe de constitutionnalité. Essai de définition d’après la jurisprudence du Conseil constitutionnel, in Recueil d’études en hommage à Charles Eisenmann, Éditions Cujas, 1975, rééd. 1977; B. Genevois, Normes de référence du contrôle de constitutionnalité et respect de la hiérarchie en leur sein, in L’État de droit, Mélanges en l’honneur de Guy Braibant, Dalloz, 1996, p. 323; C. Denizeau, C. Goyard, Existe-t-il un bloc de constitutionnalité? in Librairie générale de droit et de jurisprudence, Parigi, 1997, 152 p., spéc., 33 et ss.; K. Gözler, La question de la hiérarchie entre les normes constitutionnelles, in Annales de le Faculté de droit d’İstanbul, Vol. XXXII, No.48, 1998; G. Carcassonne, La Constitution, éd. Points, 9e éd., 2009; J. Pascal, Bloc de constitutionnalité, éd. Juris classeur Administratif, 2010, fasc. 1418; C. de Gaudemont, M. Lascombe et X. Vandendriessche, Code constitutionnel et des droits fondamentaux, 2014, Paris, Dalloz, 2013, 3e éd.; D. Baranger, Comprendre le «bloc de constitutionnalité», in Jus Politicum, n. 21, juillet 2018; C. Denizeau-Lahaye, La genèse du bloc de constitutionnalité, in Les cahiers du Conseil constitutionnel, Titre VII, dossier n. 8, avril 2022.

[3] Per una disamina attenta dei principi di gestione dell’ambiente e della loro efficacia applicativa si veda D. Amirante (a cura di), La forza normativa dei principi. i. Il contributo del diritto ambientale alla teoria generale, Padova, 2006; D. Amirante, Diritto ambientale italiano e comparato. Principi, Napoli, 2003, C. Petteruti, Diritto dell’ambiente e dell’energia. Profili di comparazione, Napoli, ESI, 2020, 19.

[4] Article 4: «Toute personne doit contribuer à la réparation des dommages qu’elle cause à l’environnement, dans les conditions définies par la loi». Per una puntuale analisi delle disposizioni della Charte de l’Environnement, si rinvia a D. Amirante, Costituzionalismo ambientale. Atlante giuridico per l’Antropocene, Bologna, 2022, 118 ss.

[5] Article 7: «Toute personne a le droit, dans les conditions et les limites définies par la loi, d’accéder aux informations relatives à l’environnement détenues par les autorités publiques et de participer à l’élaboration des décisions publiques ayant une incidence sur l’environnement». Sull’accesso alle informazioni ambientali si veda C. Petteruti, L’accesso alle informazioni ambientali come strumento di tutela preventive, in L.M. Pepe (a cura di), Democrazia e transizione ambientale Esperienze euro-mediterranee, Salerno, Edizioni Palazzo Vargas, 67 ss.

[6] D. Amirante, La reformette dell’ambiente in Italia e le ambizioni del costituzionalismo ambientale, in Dir. Pub. Comp. Eu., 2, 2022, VI.

[7] D. Amirante, Costituzionalismo ambientale, op. cit., 120.

[8] Conseil Constitutionnel, Décision n. 2008-564 DC du 19 juin 2008, 10228.

[9] Conseil d’État, Assemblée, 3 octobre 2008, Commune d’Annecy, n. 297931.

[10] Ex multis, B. Mathieu, Observations sur la portée normative de la Charte, in Cahiers du Conseil Constitutionnel, n. 15, gennaio 2004, www.conseil-constitutionnel.fr.

[11] Si rimanda al commentaire della summenzionata Décision n. 2008-564 DC, Loi relative aux organismes génétiquement modifiés.

[12] Conseil Constitutionnel, Décision n. 2014-394 QPC du 7 mai 2014, 7873.

[13] Conseil Constitutionnel, Décision n. 2019-823 QPC du 31 janvier 2020. Per una disamina della portata costituzionale delle disposizioni della Charte de l’Environnement, si rimanda a M. Deffairi, La portée constitutionnelle des dispositions de la Charte de l’environnement, in Les cahier du Conseil Constitutionnel, 8, avril 2022, www.conseil-constitutionnel.fr.

[14] Per un commento L. Colella, La «loi agriculture et alimentation» nel modello francese: il primo passo per l’affermazione del «diritto al cibo sano e sostenibile» come valore costituzionale, in Dir. Giur. Agr. Alim e dell’Amb., 6, 2018, 3 ss., www.rivistadga.it. Alla EGAlim 1 ha poi fatto seguito la EGAlim 2, Loi n. 2021-1357 del 18 ottobre 2021, che contiene ulteriori misure per rafforzare ulteriormente la trasparenza nelle relazioni commerciali nel settore agroalimentare.

[15] Per la nozione di OVC, si rimanda diffusamente a P. De Montalivet, Les objectifs de valeur constitutionnelle, in Les cahiers du Conseil constitutionnel, n. 20, Juin 2006.

[16] Per approfondimenti, si consulti il commentaire alla Décision n° 2019-823 QPC du 31 janvier 2020, disponibile al link: https://www.conseil-constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019823qpc/2019823qpc_ccc.pdf, ultimo accesso 14 settembre 2024.

[17] Conseil constitutionnel, Décision n. 2014-394 QPC du 7 mai 2014, 7873. Per un commento alla sentenza, si veda V. Cavanna, Ambiente e salute: obiettivi di valore costituzionale da tutelare anche oltre le frontiere nazionali, in Corti supreme e salute, 3, 2020, 2 ss., www.cortisupremeesalute.it.

[18] Conseil constitutionnel, Décision n. 2008-564 DC du 19 juin 2008, 10228.

[19] P. Billet, Un nouvel objectif de valeur constitutionnelle: la protection de l’environnement, patrimoine commun des êtres humains, in La Semaine Juridique –Administrations et collectivités territoriales, 25 maggio 2020, 21-22, 11.

[20] Cons. Const. 5 février 2021 n. 2020-881. L. Colella, Democrazia, transizione climatica e generazioni future. Brevi riflessioni in chiave comparata, in L.M. Pepe (a cura di), op. cit., 94 ss. L’Autore sottolinea come la decisione abbia consolidato la tradizione ambientalista del modello francese, informato alla Charte de l’Environnement del 2005 e come rappresenti uno stimolo per rafforzare la difesa del clima in altri paesi come l’Italia ancora troppo in ritardo sul tema della giustizia climatica.

[21] Conseil Constitutionnel, Décision n. 71-44 DC du 16 juillet 1971. Ponendosi in continuità con la precedente sentenza n. 70-39 DC del 19 giugno 1970, il Conseil pronunciandosi nuovamente con «Vu la Constitution et notamment son préambule», affermando nel secondo considerando: «Considérant qu’au nombre des principes fondamentaux reconnus par les lois de la République et solennellement réaffirmés par le préambule de la Constitution il y a lieu de ranger le principe de la liberté d’association […]», dichiarò l’illegittimità di una legge del 1901 in tema di contrat d’association perché lesiva della libertà di associazione, libertà da intendersi inclusa tra i principi fondamentali riconosciuti dalle leggi della Repubblica e solennemente affermati nel Preambolo.

[22] In tema di preamboli costituzionali, si vedano: I. Filibi, N. Cornago, J.O. Frosini (eds.), Democracy with(out) nations?: old and new foundations for political communities in a changing world, Leioa, Universidad del País Vasco Servicio Editorial, 2011; L. Gianniti, Preambolo, in M. Ainis (a cura di), Dizionario costituzionale, Roma-Bari, Laterza, 2000; A. Rinella, Preamboli costituzionali e attore religioso: il caso irlandese, in G. Boni, E. Camassa, P. Cavana, P. Lillo e V. Turchi (a cura di), Recte sapere. Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, Torino, Giappichelli, 2014, 1192 ss. Molti contributi riguardano i preamboli nell’ordinamento europeo; tra questi si possono citare: N. Bobbio, Il preambolo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. Dir. Int., 57, 1974; C. Curti Gialdino, Osservazioni sul contenuto e sul valore giuridico del Preambolo al Trattato dell’Unione europea, in Studi sull’integrazione europea, n. 3, 2011, 457 ss.; L. Fumagalli, Commento al Preambolo e agli articoli 1, 2 e 3 del Trattato sull’Unione europea e al Preambolo e all’art. 1, 2 e 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in A. Tizzano, Trattati dell’Unione europea, Milano, Giuffrè, 2013; R. Monaco, Preambolo, in R. Quadri, R. Monaco, A. Trabucchi (a cura di) Commentario al Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, Giuffrè, Milano, 1970; C. Pinelli, Il Preambolo, i valori: gli obiettivi, in F. Bassanini, G. Tiberi (a cura di ), La Costituzione europea. Un primo commento, Bologna, Il Mulino, 2003, 35 ss. C. Petteruti, La forza normativa ed interpretativa dei preamboli costituzionali, Napoli, ESI, 2024.

[23] Per un’accurata ricostruzione dottrinale sul punto, G. Boudou, Autopsie de la décision du Conseil constitutionnel du 16 juillet 1971 sur la liberté d’association, cit., 5-120.

[24] J.O. Frosini, Constitutional Preambles. At a Crossroads between Politics and Law, cit. 69.

[25] Per una classificazione dei preamboli costituzionali, C. Petteruti, op. cit., 230 ss.

[26] Più approfonditamente sulla nozione di bloc de constitutionnalité, si rimanda a L. Favoreu, Le principe de constitutionnalité. Essai de définition d’après la jurisprudence du Conseil constitutionnel, in Recueil d’études en hommage à Charles Eisenmann, Éditions Cujas, 1975, rééd. 1977; B. Genevois, Normes de référence du contrôle de constitutionnalité et respect de la hiérarchie en leur sein, in L’État de droit, Mélanges en l’honneur de Guy Braibant, Dalloz, 1996, p. 323; C. Denizeau, C. Goyard, Existe-t-il un bloc de constitutionnalité? in Librairie générale de droit et de jurisprudence, Parigi, 1997, 152 p., spéc., 33 et ss.; K. Gözler, La question de la hiérarchie entre les normes constitutionnelles, in Annales de le Faculté de droit d’İstanbul, Vol. XXXII, No.48, 1998; G. Carcassonne, La Constitution, éd. Points, 9e éd., 2009; J. Pascal, Bloc de constitutionnalité, éd. Juris classeur Administratif, 2010, fasc. 1418; C. de Gaudemont, M. Lascombe et X. Vandendriessche, Code constitutionnel et des droits fondamentaux, 2014, Paris, Dalloz, 2013, 3e éd.; D. Baranger, Comprendre le «bloc de constitutionnalité», in Jus Politicum, n. 21, juillet 2018; C. Denizeau-Lahaye, La genèse du bloc de constitutionnalité, in Les cahiers du Conseil constitutionnel, Titre VII, dossier n. 8, avril 2022.

[27] C. Denizeau-Lahaye, La genèse du bloc de constitutionnalité, in Les cahiers du Conseil constitutionnel, Titre VII, dossier n. 8, avril 2022.

[28] J.O. Frosini, Consitutional Preambles At a Crossroads between Politics and Law, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2012 50.

[29] D. Amirante, Costituzionalismo ambientale. Atlante giuridico per l’Antropocene, Bologna, Il Mulino, 2022, 49.

[30] G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bologna, il Mulino, 1988, 119 e ss.

[31] Con la storica sentenza n. 238 del 2014, la Corte costituzionale ha attivato i controlimiti in riferimentoall’ingresso delle norme sovranazionali lesive del diritto alla tutela giurisdizionale. Sul punto, L. Castelli, Alla ricerca del “limite dei limiti”: il «contenuto essenziale» dei diritti fondamentali nel dialogo fra le Corti, in Rivista AIC, 1, 2021, 484: «Nella vicenda Taricco i controlimiti sono stati branditi, ma il dialogo collaborativo fra le Corti ne ha alla fine scongiurato l’attivazione».

[32] Sulla difficoltà di conciliare due esigenze opposte, quella della superiore uniformità europea e quella della tutela dei diritti della persona, cfr. G. Amato, Corte costituzionale e Corti europee. Fra diversità nazionali e visione comune, il Mulino, Bologna, 2015; P. Faraguna, Ai confini della Costituzione. Principi supremi e identità costituzionale, Milano, FrancoAngeli, 2015, 62.

[33] Cfr. A. Ruggeri, Tre questioni in tema di revisione costituzionale, in Rivista del Gruppo di Pisa, 2, 2018, 2. L’Autore sostiene la possibilità di una revisione in melius dei principi fondamentali della Carta purché non sia tradita la sua matrice originaria. Nello stesso senso, A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, Padova, Cedam, 2003.

[34] Y. Guerra, R. Mazza, La proposta di modifica degli articoli 9 e 41 Cost.: una prima lettura, in Forum di Quaderni Costituzionali, 4, 2021, www.forumcostituzionale.it, 120.

[35] F. Rescigno, Quale riforma per l’articolo 9, in federalismi.it, 16, 2021, 2.

[36] Corte cost., sentenza n. 1146/1988: «Non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali».

[37] D. Amirante, Costituzionalismo ambientale, cit., 265 ss.; D. Amirante, La reformette dell’ambiente in Italia e le ambizioni del costituzionalismo ambientale, in DPCE, 2, 2022, 5 ss.

[38] Cfr. R. Guastini, Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, in AmbienteDiritto.it, 2004.: «Secondo giurisprudenza ormai consolidata della Corte costituzionale, «è da condividere l’assunto della sussistenza di una gerarchia fra norme e norme della stessa Costituzione, rispetto alla quale è individuabile (come del resto in ogni corpo di disposizioni ordinate in sistema) un ordine che conduce a conferire preminenza ad alcune di esse rispetto ad altre». (…) Il fondamento di tale dottrina, infatti, si rinviene non in una qualsivoglia disposizione costituzionale, bensì in una arbitraria costruzione dogmatica (tacitamente fatta propria dalla Corte), secondo la quale: a) una costituzione non è un semplice insieme di norme, ma una totalità coesa di principi e valori; b) il criterio di identità di ogni costituzione giace appunto nei principi e valori che la contraddistinguono; c) il mutamento di siffatti principi costituisce pertanto non banale revisione costituzionale, ma genuina instaurazione di una nuova costituzione; d) dunque la revisione costituzionale non può spingersi fino a modificare i principi e valori caratterizzanti dell’ordinamento (senza tramutarsi in instaurazione costituzionale). D’altro canto, la dottrina dei principi supremi sortisce l’effetto di conferire potere discrezionale ulteriore alla Corte ogniqualvolta si presenti concretamente l’occasione di identificare i principi supremi che si suppongono immodificabili (con l’esito di giudicare eventualmente incostituzionale una legge di revisione che fosse in contrasto con essi o pretendesse di alterarli)».

[39] D. Amirante, Costituzionalismo ambientale, cit., 49 il quale sottolinea come rispetto al passato in cui era soprattutto il diritto internazionale a veicolare le «preoccupazioni ambientali in norme costituzionali», oggi si discuta «di una costituzionalizzazione del diritto internazionale dell’ambiente».

[40] D. Amirante, Costituzionalismo ambientale, cit., 56.

[41] La legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. Legge Galli), recante disposizioni in materia di risorse idriche, all’articolo 1 prevedeva che qualsiasi uso delle acque doveva essere effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

[42] Tribunale di Roma, Seconda Sezione Civile, 26 febbraio 2024, n. 3552.

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