di Silvia De Francesco, Dottoressa in Scienze Politiche e Internazionali
Sintesi
L’obiettivo di questo contributo è valutare l’impatto del principio della fiducia, introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici, sulla pubblica amministrazione italiana. L’analisi esamina le motivazioni che hanno portato all’introduzione di questo principio, il suo significato giuridico e le sue potenziali implicazioni per l’azione amministrativa. Si sostiene che il principio della fiducia rappresenta uno strumento fondamentale per promuovere un’amministrazione più efficiente, trasparente e orientata al cittadino.
Parole chiave: principio della fiducia, nuovo Codice dei contratti pubblici, pubblica amministrazione, appalti pubblici, sfiducia, corruzione, trasparenza, responsabilità̀
Indice: 1. Dalla teoria alla pratica: il principio della fiducia nel nuovo Codice dei contratti pubblici. 2. Dalla cultura della sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione al principio della fiducia introdotto dalla stessa. 3. Il nuovo Codice dei contratti pubblici: tra continuità e profonda innovazione. 4. Articolo 2 D.lgs. 36/2023: il principio della fiducia. 5. La fiducia come antidoto al malfunzionamento della pubblica amministrazione.
IL PRINCIPIO DELLA FIDUCIA NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI: ANTIDOTO AL MALFUNZIONAMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE
- Dalla teoria alla pratica: il principio della fiducia nel nuovo Codice dei contratti pubblici
Il principio della fiducia, introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 36/2023), costituisce una delle principali novità normative degli ultimi anni. Esso si pone come elemento cardine di un sistema volto a favorire l’efficienza e la trasparenza dell’azione amministrativa, superando l’approccio tradizionalmente sospettoso che ha caratterizzato i rapporti tra amministrazione e operatori economici negli ultimi decenni. La presente ricerca si propone di approfondire il significato e le implicazioni di tale principio, analizzandone il ruolo all’interno del nuovo quadro normativo e le potenziali ricadute sulla pratica amministrativa. In particolare, si cercherà di valutare come il principio della fiducia possa non solo contribuire a migliorare la qualità delle decisioni amministrative e a rafforzare la collaborazione tra le parti, ma fungere da vero e proprio antidoto al potenziale malfunzionamento dell’amministrazione pubblica italiana.
Se vero che “l’importanza della fiducia viene spesso riconosciuta, ma raramente esaminata”, la finalità, e la speranza, di questa ricerca è quella di contribuire al riconoscimento di quanto la fiducia sia, non solo “una dimensione inevitabile della vita sociale”[1], ma anche una componente essenziale della vita giuridica.
Tuttavia, prima di procedere con l’analisi puntuale dell’articolo 2 del D.lgs. 36/2023 e della sua portata applicativa, è opportuno inquadrare, dal punto di vista teorico, l’argomento fiducia nel diritto.
La fiducia è definita come la convinzione che qualcuno o qualcosa sarà leale, onesto e affidabile. Essa è essenziale per le relazioni interpersonali, per il funzionamento delle organizzazioni e per la società nel suo complesso: si tratta dunque di un fattore estremamente importante per la nostra vita, in quanto permette di costruire relazioni positive, di collaborare con gli altri e di raggiungere obiettivi.
Eppure, il concetto di fiducia è molto più complesso di quanto questa definizione possa riassumere. La fiducia è un qualcosa di estremamente forte, ma anche fragile e pronto ad infrangersi: essa è duttile, mutevole e cangiante a seconda delle situazioni nelle quali questo sentimento viene provato e applicato. In particolar modo, il concetto di fiducia assume una peculiare connotazione soprattutto se lo si inserisce nell’ambito del diritto.
Fiducia e diritto sono due concetti strettamente interconnessi. Il diritto è un sistema di regole che ha lo scopo di regolare i rapporti tra i membri di una società e la fiducia è un elemento essenziale per il funzionamento del diritto: in linea di principio, quando le persone si fidano del sistema giuridico, sono più propense a rispettarlo e a ricorrere ad esso in caso di bisogno. Questo a sua volta contribuisce a garantire la pace e la sicurezza sociale. Ugualmente il diritto può contribuire a costruire la fiducia. Infatti, quando il diritto è giusto ed equo, le persone tendono ad essere più inclini a fidarsi l’una dell’altra.
Dunque, la fiducia e il diritto sono due nozioni che si alimentano costantemente a vicenda, andando a creare un circolo virtuoso essenziale per la buona governance: quando c’è fiducia, il diritto è più efficace; quando il diritto è efficace, esso favorisce la fiducia.
Da qui deriva la necessità di riscoprire la fiducia nel diritto. Tuttavia, nella realtà quotidiana questo equilibrio tra diritto e fiducia è estremamente e pericolosamente fragile: “quando il diritto fa poco conto sulla fiducia vuol dire che il baricentro dell’ordine sociale si sta spostando verso l’uso della costrizione, e questo non è mai un buon segno né con riferimento ai rapporti con il potere, né con riferimento ai rapporti tra i cittadini”[2].
Per comprendere il modo in cui è possibile garantire il delicato equilibrio tra fiducia e diritto, è opportuno chiedersi che ruolo svolge la prima all’interno della seconda.
Apparentemente, la fiducia riveste un ruolo molto ridotto nell’ambito del diritto. Infatti, se si fa riferimento alla più comune e diffusa inclinazione, ossia quella “sfiduciaria”, si può notare come il diritto serva soprattutto per rimediare alla mancanza di fiducia: ad esempio, se si stipula un contratto, lo si fa proprio perché non basta la stretta di mano o la promessa della persona con la quale si intende stipulare il contratto; sono necessarie delle garanzie e, proprio per questa ragione, il terreno che il diritto tende ad occupare è quello della sfiducia.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi quando si pensa al diritto e si costruisce un sistema di regole, lo si fa esattamente nello spirito di Machiavelli: si presuppongono “tutti gli uomini rei”[3], e così le norme, concepite per contrastare le trasgressioni, costringono sia cittadini che funzionari entro rigidi schemi comportamentali. L’assunto di una propensione universale all’abuso di opportunità̀ conduce a percepire le regole non come strumenti di agevolazione, bensì̀ come gabbie repressive, e ne consegue che questo approccio paradossalmente favorisce l’aggiramento delle norme da parte dei trasgressori.
Eppure, il diritto, oltre a prevenire i crimini e garantire la giustizia, possiede un ruolo più̀ nobile: promuovere la fiducia tra gli individui. In luogo di un sistema incentrato sulla punizione dei trasgressori, l’attenzione dovrebbe focalizzarsi, dunque, sulla promozione della fiducia interpersonale.
L’esortazione alla libertà individuale non si traduce necessariamente in un’apologia dell’anarchia. Esistono contesti che richiedono una vigilanza normativa rigorosa, mentre altri ammettono maggiore flessibilità̀ a priori, con controlli più̀ stringenti a posteriori. Conferire discrezionalità̀ agli applicatori delle norme può̀ rafforzare la fiducia nel sistema sociale, rendendolo più̀ equo ed efficiente. Tale approccio è già̀ adottato in contesti che si basano più̀ sui “principi” anziché́ sulle “regole”.
Superando l’analisi del “cosa” prescritto, ovvero il contenuto delle norme, e concentrandosi sul “come” della prescrizione, ossia il modo in cui l’ordinamento giuridico indirizza i comportamenti individuali e sociali, emergono due principali varianti: esso può esplicarsi nella forma della regola o nella forma del principio.
In linea generale, è possibile definire il principio come una regola giuridica di carattere generale che racchiude i valori fondamentali su cui si basano tutte le altre norme del sistema giuridico. Dunque, il principio lascia spazio ad un margine di interpretazione molto più̀ ampio rispetto alla regola. Talvolta i principi si affermano anche se non vengono scritti, altre volte essi vengono inscritti all’interno delle norme.
Per antitesi, la regola è una norma che non lascia spazio ad una interpretazione; la regola è solitamente stabilita da un’autorità o convenuta di comune accordo, essa ha per fine di guidare il comportamento del singolo o della collettività, di regolare un’attività pratica o di indicare i procedimenti da seguire in determinati casi. Alla luce di questa distinzione non risulta difficile comprendere come il principio sia meno afflittivo della regola.
Oltre ai criteri tradizionali per la descrizione di regole e principi, è possibile introdurne uno nuovo: il “grado di fiducia” riposto in una specifica norma. Tenendo presente il diverso funzionamento, che poi è il criterio principale mediante il quale si distinguono i due tipi di norme, si può dire che le regole implicano certamente un livello piuttosto ridotto di fiducia sia nei confronti dei consociati, sia nei confronti dei funzionari e degli apparati burocratici, sia di coloro che sono chiamati ad intervenire in caso di disobbedienza alle norme. Al contrario, maggiore fiducia comporta la regolamentazione normativa operata tramite i principi, i quali per loro stessa natura richiedono un intervento dell’interprete e una concretizzazione da parte di coloro che sono chiamati ad applicarla nelle diverse situazioni. Si potrebbe dire allora, in generale, almeno da questo punto di vista, che quanto più si utilizzano regole stringenti, tanta meno fiducia si immette nel sistema giuridico. Come è stato notato, infatti, “i sistemi di regolamentazione troppo severi restringono gli spazi nei quali può operare e manifestare i suoi effetti positivi la fiducia interpersonale”[4].
Alla luce di questo criterio interpretativo che tiene in considerazione il grado di fiducia, le regole, che sono norme precise e definite, implicano un livello piuttosto ridotto di fiducia nei confronti dei consociati, dei funzionari e degli apparati burocratici. Questo perché le regole non lasciano spazio all’interpretazione o alla discrezionalità, e devono essere applicate in modo automatico e uniforme.
Al contrario, i principi, che sono norme più generali e flessibili, implicano un livello maggiore di fiducia, in quanto richiedono un intervento dell’interprete e una concretizzazione da parte di coloro che sono chiamati ad applicarli nelle diverse situazioni. L’applicazione dei principi domanda, infatti, una fiducia reciproca tra le persone coinvolte, in quanto presuppone che tutti siano disposti a cooperare e a cercare una soluzione che sia giusta per tutti.
Gustavo Zagrebelsky riassume egregiamente questa distinzione quando afferma che “alle regole si ubbidisce”, mentre “ai principi si aderisce”[5].
“Ciò che la regola fa, in effetti – anche indipendentemente dalla sua implementazione tecnologica – è di rendere binaria la realtà, semplificandola: si è dentro o si è fuori, sulla base delle caratteristiche inserite nella generalizzazione su cui la regola è costruita. Spesso operare in tal modo è necessario, ma è sempre inevitabile? (…) Si tratta in questo caso di vedere il diritto «come strumento della convivenza tra diversi, piuttosto che come coercizione del più forte sul più debole», Esso «deve essere una forza di convivenza»”[6].
Sebbene la subordinazione dei principi alle regole sia spesso necessaria, tale scelta non è sempre inevitabile. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che tale subordinazione non deve rappresentare la norma, bensì l’eccezione: al di fuori di determinati contesti eccezionali e urgenti, è importante ricordare che il diritto deve essere uno strumento volto a garantire la convivenza tra individui diversi tra loro, e non uno strumento di coercizione e imposizione.
Questa prospettiva richiede una riscoperta dello spazio della fiducia nel sistema giuridico e la costruzione di una cultura giuridica più responsabile, dove i principi possano coesistere con le regole in modo più equilibrato.
A questo proposito è utile adottare la visione di Niklas Luhmann[7], il quale sottolinea come la fiducia sia un elemento fondamentale per semplificare la complessità della vita quotidiana. Infatti, anche nel diritto, pur essendo presente un sistema di regole, la fiducia gioca un ruolo cruciale, e, ogni relazione giuridica, come sottolinea Umberto Vincenti[8], implica un atto di fiducia reciproca tra le parti coinvolte.
È importante comprendere che il diritto non è solo un insieme di norme coercitive, ma anche un tessuto di relazioni basate sulla fiducia. Quando il diritto si concentra esclusivamente sull’obbedienza e la coercizione, perde di vista la sua dimensione relazionale e rischia di diventare uno strumento di oppressione.
Per ritrovare un diritto più umano e responsabile, è necessario riportare al centro dell’attenzione il rapporto tra le persone, piuttosto che il rapporto tra individuo e Stato.
In relazione a quanto detto, la legge della fiducia ha il potenziale per rivoluzionare il diritto, rendendolo più giusto, efficiente ed efficace. Infatti, l’approccio tipico della legge della fiducia “si basa sul presupposto che le persone sono generalmente inclini a fare la cosa giusta e che la fiducia è ciò che rende possibile la cooperazione e il commercio”[9]. Tuttavia, per avere successo in questo intento, è necessario che i giuristi cambino il loro modo di pensare al diritto, passando da un approccio basato sulla coercizione e la punizione a un approccio basato sulla fiducia e la responsabilità.
Dunque, lo schema fiduciario è un modello di diritto che si basa sulla fiducia tra le parti, nell’ambito del quale è importante, se non fondamentale, che il linguaggio utilizzato nel diritto sia chiaro, conciso e rispettoso. Questo perché il linguaggio può avere, da una parte, un impatto significativo sulla fiducia tra le parti, ma, dall’altra, può contribuire a generare conflitti se non è utilizzato in modo appropriato.
Infatti, il linguaggio giuridico non può essere solo un linguaggio tecnico riservato agli addetti ai lavori[10], in quanto il diritto si rivolge innanzitutto ai cittadini e deve essere accessibile a tutti. È per questo motivo che il linguaggio giuridico deve essere pensato e tradotto in parole in modo chiaro, conciso e comprensibile alla generalità delle persone.
Il giurista, infatti, ha sostanzialmente il potere di “fare cose con le parole”[11]. Questo potere può essere utilizzato per promuovere la giustizia o per perpetuare l’ingiustizia. I giuristi hanno quindi una grande responsabilità nel modo in cui utilizzano le loro parole.
Nell’approccio fiduciario, il giudice non è più un onnipotente decisore, ma un facilitatore del dialogo tra le parti. Egli dirige effettivamente l’udienza e cura la verbalizzazione, sottoponendosi alla regola del dialogo. Questo cambiamento è in linea con la democratizzazione del sistema giuridico, che punta a rendere la giustizia più perspicua, affidabile e inclusiva.
La comprensione dei provvedimenti giudiziari da parte del cittadino rende possibile il controllo dell’opinione pubblica sulla decisione, favorisce la conoscenza delle modalità di funzionamento del sistema con conseguenze positive sulla qualità e quantità della domanda e soprattutto contribuisce a rafforzare la fiducia non solo nel mondo della giustizia istituzionale, ma tra gli stessi consociati nei loro reciproci rapporti.
Sulla base di quanto riportato, è possibile dichiarare che l’attenzione al linguaggio è un aspetto imprescindibile dello schema fiduciario: il linguaggio utilizzato nel diritto deve essere chiaro, conciso e rispettoso, in modo da favorire la fiducia tra le parti, contribuire a generare un sistema giuridico più democratico e inclusivo e una cultura giuridica più responsabile.
- Dalla cultura della sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione al principio della fiducia introdotto dalla stessa
Ripercorrendo gli ultimi trent’anni, è possibile rendersi conto di come il principio della fiducia introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 in GU n. 77 del 31-3-2023 – Suppl. Ordinario n. 12)[12] sia in realtà il risultato finale di un lungo percorso: con l’introduzione di questo principio si è tentato di segnalare un lampante cambio di rotta rispetto alla cultura della sfiducia, con la quale la pubblica amministrazione italiana ha convissuto a partire da Tangentopoli e nei trent’anni a seguire.
Tangentopoli[13] è stato uno dei grandi scandali della Repubblica italiana, un evento che ha lasciato un’impronta indelebile e duratura nella storia del Paese. Questo fatto emblematico ha tracciato un “prima” e un “dopo”, segnando l’inizio di una nuova era per l’Italia, un’era che avrebbe dovuto perseguire il rinnovamento e il cambiamento, all’insegna dei principi di trasparenza, legalità e fiducia nei confronti della politica e della pubblica amministrazione.
Nonostante le inchieste legate a Tangentopoli abbiano contribuito a far maturare una concreta speranza di miglioramento nelle amministrazioni nazionali, la corruzione rimane una piaga del nostro Paese, e la fiducia nei partiti politici, così come nella pubblica amministrazione, è ancora molto bassa. Gli italiani sono sempre più disaffezionati alla politica, molti di loro hanno perso la speranza in un cambiamento, sperimentando negli anni sentimenti di apatia politica e fenomeni quali l’antipolitica, il populismo e l’astensionismo. Così non stupisce se nell’opinione pubblica permanga la sensazione che in realtà dal 1992 non sia cambiato molto. Da una recentissima indagine di Demos-Libera sulla percezione della corruzione e delle mafie su L’Espresso[14], il 78% degli italiani ritiene che la corruzione in politica sia lo specchio della società e il 22% degli intervistati pensa, invece, che la corruzione sia cresciuta ancora di più dopo Tangentopoli. Dunque, a trent’anni dalle indagini di Mani Pulite, l’intreccio tra politica e corruzione risulta essere fortemente radicato nell’immaginario dei cittadini, come se si trattasse di una sorta di “patologia nazionale”[15]. Per usare le parole di Antonio Di Pietro “il Paese ha chiuso la stagione di Mani Pulite, ma non di Tangentopoli”[16].
Malgrado l’evidente sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti di un sistema che le indagini di Tangentopoli si proponevano di sovvertire, è fondamentale ricordare questo evento e trarne le giuste lezioni così da poter costruire una pubblica amministrazione di cui potersi fidare, una struttura che assicuri trasparenza e che risulti affidabile agli occhi dei cittadini. Infatti, se è vero che Tangentopoli ha rappresentato un momento di grande crisi per l’Italia, un evento che ha messo in luce il lato torbido e corrotto della politica e della pubblica amministrazione italiane, è altrettanto importante ricordare che Tangentopoli ha funto da spartiacque, aprendo le porte a nuove prospettive.
Negli ultimi trent’anni, la situazione è cambiata in parte: la Seconda Repubblica ha visto la nascita di nuovi partiti politici e la riforma del sistema elettorale, anche se la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni non è ancora tornata ai livelli precedenti a Tangentopoli. In quel contesto, la Legge 150 del 2000[17] ha rappresentato un primo passo concreto verso una maggiore trasparenza e comunicazione, sancendo il diritto del cittadino ad essere informato e il dovere della pubblica amministrazione di informare. Nel corso degli anni successivi all’introduzione di questa legge[18], la pubblica amministrazione ha compiuto progressi significativi in termini di trasparenza e comunicazione, anche grazie all’avvento di internet e delle nuove tecnologie.
Tuttavia, solo l’introduzione del principio della fiducia nel nuovo Codice dei contratti pubblici può effettivamente rappresentare un passo significativo verso il superamento della cosiddetta “paura amministrativa”. Tale principio, infatti, costituisce uno strumento efficace per contrastare la burocrazia difensiva[19], che si caratterizza per l’eccessiva cautela e rigidità nell’esercizio delle funzioni amministrative. In particolare, il principio della fiducia e, più in generale, la riforma del Codice dei contratti pubblici, consentono all’amministrazione di esercitare la propria discrezionalità in modo più ampio e flessibile, favorendo la realizzazione dell’interesse pubblico. Dunque, il D.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023 costituisce un primo, ma importante, passo verso il contrasto delle condotte difensive dei pubblici dipendenti.
Per comprendere a fondo la portata rivoluzionaria del nuovo Codice dei contratti pubblici e del principio della fiducia, è opportuno indagare le principali ragioni di diritto che hanno determinato la sfiducia nella pubblica amministrazione italiana e che nel corso degli anni hanno potenziato la cultura della sfiducia stessa.
Una delle più rilevanti ragioni di diritto che hanno contribuito alla costruzione di una cultura della sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione italiana è indubbiamente il fenomeno della burocrazia difensiva[20], direttamente collegato a quello della c.d. fuga dalla firma[21].
La burocrazia difensiva è un fenomeno ampiamente diffuso nelle pubbliche amministrazioni italiane, che ha spesso rappresentato un grave ostacolo all’efficienza e all’efficacia dell’azione amministrativa. In termini generali, la burocrazia difensiva è un fenomeno che si manifesta quando i funzionari pubblici, per evitare di incorrere in responsabilità civili, penali e amministrative, adottano comportamenti improntati ad un’eccessiva cautela e prudenza, anche a costo di ritardare o addirittura impedire l’azione amministrativa.
La burocrazia difensiva è “spesso descritta evocando l’efficace immagine del dipendente che ha “paura di firmare”, a causa della quale i funzionari, frenati dal timore delle possibili conseguenze del loro agire, preferiscono astenersi dal farlo, con inevitabile pregiudizio dell’efficienza e, più in generale, del buon andamento dell’azione amministrativa, scaricando sul legislatore o sul giudice la soluzione di problemi che spetterebbe invece alla P.A. affrontare e risolvere”[22].
Infatti “l’humus della burocrazia difensiva è il non fare per evitare rischi: un doppio canale digitale e cartaceo per allungare i tempi e diluire la decisione; domandare una moltitudine di pareri senza prendere una decisione; chiedere ai cittadini o alle imprese sempre più dati anche se sono già immagazzinati e a disposizione; allungare, insomma, i tempi per evitare il momento decisivo; non rischiare, non scegliere, affidarsi a molteplici algoritmi, neutrali, per far sì di non valutare e non essere valutati”[23].
In relazione a questa evidente problematica, il legislatore italiano ha intrapreso negli ultimi anni una serie di interventi normativi per contrastare il fenomeno della burocrazia difensiva.
Tra le misure più significative figura la limitazione dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa per i danni causati alla pubblica amministrazione, introdotta dal decreto-legge 76/2020, convertito in legge 120/2020[24]. Prima della riforma, la responsabilità amministrativa poteva essere configurata per tutte le azioni e le omissioni commesse con colpa grave o con dolo. La riforma ha invece confinato la responsabilità amministrativa ai soli casi in cui la produzione del danno derivi da una condotta commissiva dolosa.
Tale limitazione è stata, per l’appunto, introdotta con l’obiettivo di superare la cosiddetta “paura della firma”, inducendo i funzionari pubblici ad assumersi i rischi connessi al loro lavoro e a prendere decisioni più rapide ed efficaci.
Un altro dei fattori giuridici che hanno concorso alla formazione di un sentimento di sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione italiana è sicuramente il suo formalismo esasperante.
Quello dei contratti pubblici è un settore di grande rilevanza economica e sociale, in quanto coinvolge ingenti risorse pubbliche e può avere un impatto significativo sulla vita dei cittadini. La disciplina di questi contratti è pertanto particolarmente complessa e articolata, in quanto persegue il nobile obiettivo di garantire l’imparzialità e la trasparenza della procedura di gara, nonché la tutela degli interessi pubblici e dei contraenti.
L’eccessivo formalismo nella pubblica amministrazione, sebbene volto a garantire trasparenza e parità di trattamento, genera una serie di problematiche che ne minano l’efficacia. L’attenzione eccessiva alle forme comporta un aumento dei costi e dei tempi per la conclusione dei contratti, rendendo le procedure complesse e difficili da comprendere per i soggetti coinvolti. Inoltre, il formalismo eccessivo limita la flessibilità necessaria per adattarsi alle diverse situazioni e può portare all’esclusione di offerte per errori formali anche minimi, penalizzando le imprese. In definitiva, questo approccio formale, anziché favorire la fiducia e il raggiungimento del miglior risultato, ostacola il corretto svolgimento delle procedure contrattuali.
Un ulteriore fattore che ha contribuito, nel corso del tempo, ad accrescere la cultura della sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione italiana è stato senz’altro il limitato margine di discrezionalità riservato all’attività amministrativa, a favore, al contrario, di un’attività vincolante che, indubbiamente, lasciava un margine di fiducia assai ristretto.
Il potere della pubblica amministrazione, pur fondandosi sulla legge, non è rigidamente vincolato. Esiste infatti uno spazio di discrezionalità che permette all’amministrazione di scegliere tra diverse soluzioni lecite, valutando quale sia la più opportuna per il perseguimento dell’interesse pubblico. Questa discrezionalità, però, non è illimitata e deve sempre avvenire entro i confini tracciati dalla legge, rispettando i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Nel caso specifico dei contratti pubblici, la discrezionalità è particolarmente ampia, ma deve sempre essere esercitata in modo non discriminatorio e coerente con le regole del settore.
Negli ultimi anni, si è assistito a una tendenza della pubblica amministrazione a preferire un’azione più vincolata, limitando così il proprio margine di manovra. Questa scelta, pur semplificando alcuni aspetti dell’attività amministrativa, ha portato a conseguenze negative: una minore trasparenza nei processi decisionali, una riduzione delle possibilità di ricorso per i cittadini e, di conseguenza, un aumento della sfiducia nei confronti delle istituzioni.
È fondamentale ritrovare un equilibrio tra la necessità di garantire un’azione amministrativa efficiente e il rispetto dei principi di legalità e partecipazione. Una maggiore trasparenza nell’esercizio della discrezionalità, unita a una motivazione più dettagliata dei provvedimenti amministrativi, potrebbe contribuire a ristabilire la fiducia dei cittadini e a rendere l’azione amministrativa più efficace.
Nonostante la presenza di queste cause di diritto che hanno portato all’incremento della cultura della sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione italiana negli ultimi decenni, è possibile riconoscere un evidente riflesso del cambio di paradigma che si sta cercando di perseguire nella disciplina dedicata agli affidamenti sotto soglia nel nuovo Codice dei contratti pubblici[25]. Nel nuovo Codice, il legislatore ha, infatti, inteso valorizzare la discrezionalità amministrativa e rimarcare la priorità del buon andamento nel rapporto con l’imparzialità, declinando correttamente il vincolo della concorrenza, intendendola quale irrinunciabile mezzo per perseguire l’interesse pubblico. In tal senso, la disciplina degli appalti sotto soglia riflette l’effetto conformativo che la fiducia e il risultato da conseguire determinano sulla funzione amministrativa, così da riattribuire all’amministrazione, e non più alla legge, il potere di decidere. Tali novità sono finalizzate a rafforzare la fiducia tra le parti coinvolte nell’affidamento di appalti sotto soglia, contribuendo a garantire la tutela dell’interesse pubblico.
In definitiva, dunque, si tratta di una scelta culturale e sistemica, che avversa l’idea secondo cui alla radice del diritto vi è solo “la sfiducia e il sospetto”[26].
In questo senso, la scelta culturale e sistemica di valorizzare la fiducia, cui pocanzi si è fatto riferimento, trova un solido fondamento nel diritto amministrativo, dove prima ancora che venisse disciplinata in un vero e proprio principio dal D.lgs. 36/2023[27], la fiducia veniva concretizzata nel generale principio della buona fede, in base al quale l’ordinamento dà per scontato che occorra attenersi a standard di correttezza nello stabilire e intrattenere relazioni giuridiche[28].
Il principio di buona fede, disciplinato dall’articolo 1375 del Codice civile[29], rappresenta un canone fondamentale di correttezza che deve ispirare la condotta delle parti in qualsiasi rapporto di obbligazione reciproca. Nel contesto del rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, la buona fede assume un ruolo di primaria importanza, in quanto presidia l’aspettativa del cittadino alla positiva conclusione del procedimento amministrativo e garantisce la correttezza e la lealtà delle trattative.
Anche la giurisprudenza ha avuto modo di consolidare il principio di buona fede nel rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. In particolare, il Consiglio di Stato[30] ha affermato che tale principio trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento[31] e si sostanzia nel dovere di collaborazione e di comportarsi secondo correttezza per conto di entrambe le parti.
Non solo il principio di buona fede rappresenta un elemento fondamentale per la costruzione di un rapporto di fiducia tra cittadino e pubblica amministrazione, ma precede, almeno negli intenti, lo stesso principio della fiducia disciplinato nel nuovo Codice dei contratti pubblici. Infatti, nell’ambito del diritto amministrativo, la fiducia è stata recentemente riportata in auge dal legislatore, il quale ha voluto trasformare questo elemento in un vero e proprio principio, che operatori, sia pubblici che privati, possono consultare quando si trovano ad affrontare dubbi e/o a dirimere controversie tra norme che spesso confliggono l’una con l’altra.
Questa evoluzione normativa si inserisce in un più ampio processo di democratizzazione, che ha visto protagonista la pubblica amministrazione italiana. Infatti, prima di arrivare a perseguire l’obiettivo principale del nuovo Codice dei contratti pubblici, ossia superare la c.d. burocrazia difensiva, complici anche i recenti cambiamenti avvenuti a livello europeo e mondiale, la pubblica amministrazione italiana ha attuato questo lento, ma costante, processo, attraverso il quale ha tentato gradualmente di avvicinarsi ai cittadini.
È inconfutabile, infatti, che i Governi avvicendatisi, perlomeno nel corso dell’ultimo ventennio, hanno individuato, tra gli elementi dirimenti per un buon esito del percorso di governo, lo snellimento della pubblica amministrazione e la semplificazione dei procedimenti amministrativi. Altrettanto evidente risulta che il ricorso a molteplici interventi di modifica della legge n. 241 del 1990, disposizione centrale nell’ambito del procedimento amministrativo, non ha sortito effetti sensibili quanto a diminuzione del “carico burocratico” gravante sulle imprese.
Una prova lampante di tale necessità di semplificazione amministrativa consiste nella perdurante attualità, nel dibattito sociopolitico, del “rapporto Giannini”[32] del 1979, il quale si concentrava sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato.
Sulla scia dello storico “rapporto Giannini” e in linea con il processo di democratizzazione della pubblica amministrazione italiana, negli anni posteriori a Tangentopoli[33], sono stati riportati in auge alcuni principi costituzionali, quali il principio di imparzialità e quello di buon andamento, disciplinati all’articolo 97 della Costituzione italiana[34], tramite una rivalutazione e centralizzazione degli stessi nell’ambito del procedimento amministrativo. Questa valorizzazione è stata funzionale nel processo che ha portato alla stesura del nuovo Codice dei contratti pubblici[35] e in particolare del suo focus su principi, quali quello del risultato e quello della fiducia.
- Il nuovo Codice dei contratti pubblici: tra continuità e profonda innovazione
Il 20 ottobre 2022, il Consiglio di Stato ha trasmesso al Governo la bozza preliminare del nuovo Codice dei contratti pubblici, in attuazione della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”[36].
La bozza, approvata con modifiche dal Consiglio dei ministri il 16 dicembre 2022, introduce una serie di novità volte a semplificare e razionalizzare le procedure di affidamento e realizzazione dei contratti pubblici, in linea con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)[37].
Nell’ambito del lungo iter che ha portato all’introduzione del nuovo Codice è importante specificare che “la pandemia da COVID-19 ha accelerato quel fenomeno già latente di introduzione di fonti extra vaganti rispetto al Codice[38], in particolare con una lunga serie di decreti legge (quasi sempre emendati in sede di conversione), fra cui vanno almeno menzionati i due c.d. decreti di semplificazione[39].
Da ultimo, un impulso decisivo è stato fornito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): nell’ambito delle riforme abilitanti sono state previste anche nuove norme per aumentare l’efficienza e l’efficacia amministrativa di spesa delle ingentissime risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione Europea. Pertanto, sono state emanate misure legislative in via di urgenza e altre a “regime”: proprio a tal proposito è stata approvata dal Parlamento la Legge delega 21/06/2022, n. 78 ed ha così avuto formalmente inizio l’iter di approvazione del nuovo Codice dei contratti pubblici, poi adottato con D.lgs. 31/03/2023, n. 36.
Va infatti rammentato che il quadro normativo italiano sugli appalti pubblici negli ultimi decenni è stato caratterizzato da un’insostenibile instabilità. Da un lato il legislatore – pur dopo aver adottato dei “Codici” – è intervenuto con continui e non sempre organici interventi, che per il loro carattere alluvionale hanno inevitabilmente prodotto effetti opposti rispetto a quelli dichiarati di semplificazione e accelerazione. D’altronde, come diceva Ennio Flaiano, “in Italia nulla è più stabile del provvisorio”[40].
Pertanto, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, la disciplina dei contratti pubblici in Italia è stata oggetto di una solida e profonda riforma.
Il nuovo Codice, che rappresenta il primo intervento organico in materia di contratti pubblici dal 2016, introduce una serie di novità, che conducono, rispetto al precedente Codice (D.lgs. 50/2016), ad un cambio di passo sia dal punto di vista strutturale che culturale.
Per quel che concerne la riforma strutturale, le principali novità, utili al perseguimento dei sopracitati obiettivi strategici, sono orientate ad una riorganizzazione sistematica della materia e ad un’estensione della digitalizzazione all’intero ciclo di vita dell’appalto. Ne consegue che il nuovo Codice si presenta come un testo organico e coerente, che ha il merito di riordinare e sistematizzare una disciplina frammentata e spesso contraddittoria.
Invece, dal punto di vista culturale, il nuovo Codice si propone di abbandonare le linee guida Anac e a porre l’accento su una serie di principi fondamentali, quali il principio del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato[41].
In particolare, tra le maggiori novità del nuovo Codice figura l’introduzione dei principi generali che aprono il D.lgs. 36/2023. Questi principi, previsti negli artt. 29 e 30 del previgente Codice, vengono posti nell’incipit dell’Elaborato normativo[42], quali fondamenta di ogni futura procedura di gara nonché metro di giudizio e valutazione per l’operato dei funzionari pubblici.
“Attraverso la codificazione dei principi, il nuovo Codice mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze. Fondamentale, in questo rinnovato quadro normativo, è l’innovativa introduzione dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato (la cui pregnanza è corroborata dalla stessa scelta sistematica di collocarli all’inizio dell’enumerazione degli articoli) i quali, oltre a cercare un cambio di passo rispetto al passato, vengono espressamente richiamati come criteri di interpretazione delle altre norme del Codice e sono ulteriormente declinati in specifiche disposizioni di dettaglio”[43].
In particolare, i primi tre principi (risultato, fiducia, accesso al mercato)[44] si atteggiano prevalentemente a “principi-valori”, che orientano l’interpretazione e l’applicazione delle singole disposizioni. In particolar modo, il principio della fiducia si distingue per la sua portata applicativa in quanto, come osserva il Cons. Rovelli[45], rappresenta “un esempio lampante di meta principio cioè uno di quei principi che riguardano, in senso lato, il funzionamento della “macchina del diritto”, per usare un’espressione cara al realismo giuridico”[46].
Gli altri principi[47] sono invece marcatamente “principi-regole”, riferiti a fattispecie specifiche e immediatamente applicativi.
“L’elemento di maggiore importanza, però, è la fissazione di un ordine gerarchico tra i principi. In sua assenza, nel passato, nell’incerto orbitare di svariati e potenzialmente contrastanti profili di pubblico interesse e di principi generici e non normativamente definiti intorno al centro teorico e pratico della prestazione da acquistare, si sono alimentati incertezza applicativa ed affermazione di un primato di puro fatto dell’amministrazione sul suo contraente (o aspirante tale), con un’interpretazione delle norme, sostanzialmente, caso per caso. Il Codice dei contratti ha l’enorme merito di fornire una precisazione legislativa dei principi, non solo una loro enunciazione generica e così astratta da rappresentare null’altro che clausole generali. Finalmente, disponiamo di enunciati normativi non solo suscettibili di diretta applicazione, ma in grado – come proprio dei principi – di comporre le singole fattispecie puntuali, di entrare e far parte delle regole del caso e, quindi, di ordinare il sistema. Anzi, di ordinare le regole puntuali a sistema, di dare – quindi – vita ad un sistema. Ciò è reso possibile dal fatto di avere indicato una gerarchia tra principi e, quindi, l’elemento indispensabile perché si possa creare un sistema ed applicarlo alla singola interpretazione controversa”[48].
Pertanto, in caso di contrasto tra interessi pubblici, occorrerà privilegiare il principio di rango superiore, mentre, qualora i tre principi generali entrino in conflitto, il legislatore indica che a prevalere, almeno per l’amministrazione aggiudicataria, deve essere il principio del risultato. Questi principi, infatti, tutelano interessi giuridicamente rilevanti, ma non sono gli scopi principali dell’amministrazione aggiudicataria, che sono invece la realizzazione di un risultato utile per la collettività e la tutela dei diritti dei cittadini.
Il fatto che tali finalità non compaiano nei tre principi fondamentali (e siano assenti anche in quelli immediatamente successivi) ci ricorda che bisogna guardare ai contratti pubblici, parafrasando la visione che James Buchanan aveva della politica, “senza romanticismo”[49], prestando invece attenzione alle utilità primarie concretamente perseguite dai diversi attori, a cominciare dall’amministrazione committente”[50].
Proprio al fine di perseguire le utilità primarie e concrete dei diversi attori amministrativi e non, il principio della fiducia risulta essere criterio interpretativo fondamentale per una lettura corretta del nuovo Codice e valore centrale che deve permeare l’intero rapporto tra funzionari pubblici e operatori economici.
- Articolo 2 D.lgs. 36/2023: il principio della fiducia
Il principio della fiducia, introdotto nel nuovo Codice dei contratti pubblici, rappresenta un’innovazione significativa rispetto alla tradizione del diritto amministrativo. Infatti, tale principio risultava ignoto al diritto amministrativo italiano, nonostante esso fosse già presente in altri rami dell’ordinamento italiano, come il diritto privato[51] e il diritto costituzionale[52].
Nel caso del diritto amministrativo, il principio della fiducia si fonda, invece, sulla convinzione che l’azione amministrativa e quella dei concorrenti siano conformi al diritto e alla correttezza. In tal modo, il principio della fiducia mira a favorire l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, superando la cosiddetta paura della firma che spesso determina la paralisi dell’azione amministrativa.
Nel declinare il principio, al primo comma, il legislatore afferma che “l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fondano sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”[53].
Come testimonia l’attributo scelto dal legislatore per identificare la fiducia, quest’ultima necessita di reciprocità e quindi deve riguardare tanto l’attività dell’amministrazione, quanto quella degli operatori economici. Sebbene vi sia l’auspicio di una dimensione bilaterale della fiducia, l’impatto della norma rimane asimmetrico. Infatti, il legislatore può regolare unicamente il comportamento dell’amministrazione, e quindi delle stazioni appaltanti, ma non può imporre agli operatori economici di non nutrire sospetti e di non agire per massimizzare i propri interessi.
Inoltre, ai sensi del comma 1 del sopracitato articolo, si evince che la fiducia deve essere riposta non solo nell’azione legittima, trasparente e corretta della pubblica amministrazione, ma anche nel comportamento degli operatori economici. Dunque, viene ribadita questa complementarità tra l’amministrazione e gli operatori economici.
È importante sottolineare anche che, oltre alla fiducia reciproca tra amministrazione e operatori economici, esiste quella del legislatore nei confronti dell’una e degli altri. Ciò implica una svolta evidente rispetto alla logica basata sul sospetto per l’azione dei pubblici funzionari sviluppatasi negli ultimi anni e, proprio in virtù di questa svolta, risulta esplicito il tentativo da parte del legislatore del 2023 di porre un rimedio alla burocrazia difensiva e alla c.d. paura della firma, entrambe fonte di gravi inefficienze, inerzia e immobilismo.
“In questa prospettiva, il nuovo Codice vuole dare, sin dalle sue disposizioni di principio, il segnale di un cambiamento profondo, che – fermo restando ovviamente il perseguimento convinto di ogni forma di irregolarità – miri a valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici, introducendo una “rete di protezione” rispetto all’alto rischio che accompagna il loro operato”[54].
Al secondo comma dell’articolo 2 del D.lgs. 36/2023 il legislatore rende estremamente chiaro il collegamento con il principio del risultato quando enuncia che “il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”[55]. In tal senso, “la fiducia che viene riconosciuta ai pubblici funzionari non è incondizionata, ma costituisce una sorta di contropartita di ciò che l’ordinamento si aspetta dall’azione amministrativa, ossia la realizzazione del risultato declinato dall’art. 1”[56].
In tal modo, il legislatore intende superare la visione tradizionale dei contratti pubblici, inquadrati come mera procedura amministrativa tesa ad appaltare un bene o un servizio, e abbracciare, invece, un’ottica più moderna, che pone al centro il risultato da conseguire. A tal proposito è evidente il tentativo, di cui si è resa protagonista la pubblica amministrazione italiana negli ultimi anni, di passare da un’azione basata sul vincolo e l’autorità ad una fondata invece sul consenso e sulla scelta. In questa nuova prospettiva, il principio della fiducia vuole favorire l’esercizio della discrezionalità delle stazioni appaltanti e il dialogo con gli operatori economici: “in buona sostanza la norma chiarisce che il principio della fiducia implica un ampliamento dei poteri valutativi e della discrezionalità della P.A.”[57].
Inoltre, la norma risulta particolarmente innovativa per quanto riguarda il riferimento all’“iniziativa” e all’“autonomia” decisionale dei funzionari pubblici[58]. Questa scelta rappresenta un significativo spostamento dell’attività amministrativa contrattuale verso una maggiore discrezionalità.
Tradizionalmente, l’attività amministrativa era caratterizzata da un alto grado di vincolo e da margini di discrezionalità piuttosto ristretti. Il nuovo Codice, invece, sembra voler allargare questi margini, avvicinando l’operato dei funzionari pubblici a quello dei soggetti privati, caratterizzato da una maggiore libertà di iniziativa e di scelta.
L’introduzione di questi nuovi principi ha inevitabili ripercussioni sulla responsabilità erariale. Il Codice, infatti, ha introdotto una serie di novità in materia, cercando di bilanciare la necessità di tutelare il patrimonio pubblico con quella di incentivare l’assunzione di responsabilità da parte dei funzionari.
In particolare, il terzo comma dell’articolo 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici disciplina la responsabilità dei funzionari pubblici, prevedendo che essi risultino responsabili solo in caso di colpa grave. Nel testo dell’articolo, il legislatore precisa che costituisce colpa grave “la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché́ la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto”[59]. Pertanto: la violazione di norme di diritto e di auto vincoli amministrativi comporta di per sé colpa grave; la violazione di regole di prudenza deve invece essere “palese”; infine, l’omissione di cautele, verifiche ed informazione preventive deve essere “normalmente esigibile”.
Di contro, si puntualizza che non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti[60].
Questa chiara previsione suggerisce un modus procedendi ai funzionari che si imbattono in casi di incerta qualificazione. Infatti, tale norma mira a riconoscere il ruolo fondamentale della giurisprudenza e della prassi amministrativa nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto dei contratti pubblici.
Dall’altra parte, la previsione mira a tutelare la sicurezza giuridica dei funzionari pubblici, evitando che essi possano essere ritenuti responsabili per scelte o atti che sono stati ritenuti legittimi da organi competenti.
Dunque, la norma in esame si propone di introdurre una “rete di protezione”[61] – così definita dalla Relazione di accompagnamento al Codice – rispetto ai rischi legati all’operato dei funzionari pubblici e all’esercizio del loro potere discrezionale. Tale “rete di protezione” prevista dal legislatore si traduce soprattutto nella perimetrazione normativa del concetto di “colpa grave”.
La disposizione esaminata termina con la prescrizione in virtù della quale “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione”[62] previsti nell’articolo 15 del Codice[63].
Sostanzialmente, al quarto comma dell’articolo 2, il Codice prevede che le stazioni appaltanti debbano stipulare polizze assicurative per la copertura dei rischi per il personale. Con ciò, il legislatore sembra voler promuovere una maggiore diffusione della copertura assicurativa, rendendola accessibile a tutti i funzionari pubblici, a prescindere dal loro livello di responsabilità.
Inoltre, nel quarto comma, quando il legislatore fa riferimento ai “rischi per il personale”, egli vuole alludere sia ai casi di responsabilità civile, sia a quelli di responsabilità erariale. A tal proposito, per quanto riguarda la fattispecie di dolo, la copertura assicurativa deve escludersi. Mentre, rispetto alla responsabilità per colpa grave, l’assicurazione deve coprire il rischio dell’interpretazione giudiziaria estensiva, quando il giudice va oltre l’immunità per colpa lieve. Tale copertura non è invece pensata per coprire le ipotesi di grave negligenza, che sono già considerate come ipotesi di colpa grave.
La previsione della copertura assicurativa dei rischi per il personale rappresenta un’importante novità del nuovo Codice dei contratti pubblici. Tale previsione è volta a tutelare i funzionari pubblici da eventuali responsabilità ingiuste o eccessive, senza tuttavia rinunciare alla tutela dell’interesse pubblico.
Alla luce di questa analisi è possibile riconoscere che il principio della fiducia, introdotto con il decreto legislativo n. 36 del 2023, non deve essere inteso come una mera predisposizione soggettiva, ma piuttosto come un presupposto oggettivo che consente, da una parte, alle amministrazioni di percepire cosa il mercato può offrire per soddisfare gli interessi pubblici e, dall’altra, agli operatori economici di concorrere a presentarsi e a presentare le migliori soluzioni in base alle esigenze pubbliche. Dunque, tale principio deve intendersi secondo una prospettiva dialogica e collaborativa.
I primi commenti al nuovo Codice hanno collegato il principio della fiducia al soccorso istruttorio o al tema generale della paura della firma. Tuttavia, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI)[64] ritiene necessario avere un’interpretazione ancora più estensiva di questo principio. Infatti, esistono numerosi procedimenti amministrativi che hanno bisogno di un’addizione di fiducia reciproca tra pubbliche amministrazioni ed operatori economici, come le indagini e le consultazioni preliminari di mercato[65], le procedure innovative quali il dialogo competitivo, i contratti di partenariato[66].
A tal proposito, e affinché si instauri un sistema moderno ed efficace degli appalti pubblici, la pubblica amministrazione deve interloquire con le imprese per individuare le esigenze, individuando le alternative progettuali, fino a creare le condizioni per far emergere dal mercato la soluzione più adatta per rispondere all’interesse pubblico.
Il principio della fiducia mira a superare non solo la paura della firma, ma, più in generale, la ritrosia delle stazioni appaltanti e degli operatori economici a riconoscersi reciprocamente quali interlocutori di mercato. Da una parte, le stazioni appaltanti devono essere disposte a dialogare con gli operatori economici, a raccogliere le loro proposte e a collaborare con loro per individuare la soluzione migliore per soddisfare gli interessi pubblici. Gli operatori economici, a loro volta, devono mostrarsi inclini a collaborare con le stazioni appaltanti, a presentare soluzioni innovative e a rispettare gli equilibri economici del contratto.
A tal proposito, in relazione al mutamento in corso, sorge l’inevitabile preoccupazione circa la sua complessa attuazione. L’eredità secolare di una cultura improntata al sospetto e al controllo rigoroso dell’operato dei funzionari pubblici non si dissolverà automaticamente e senza difficoltà. Il retaggio storico di una società basata sulla diffidenza rappresenta un ostacolo significativo al recepimento e all’applicazione di principi diametralmente opposti, quali la fiducia e la trasparenza. Non vi è dubbio che tale ostacolo richieda un impegno considerevole per essere rimosso.
Invertire questa tendenza e abbracciare l’applicazione del principio della fiducia richiede un impegno collettivo, multiforme, ma soprattutto concreto, imperniato sulla trasparenza[67] e l’accountability[68] e soprattutto sulla formazione degli operatori del diritto.
Sotto questo aspetto, è opportuno sottolineare che il nuovo Codice, in linea con il principio di digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, ha introdotto significative modifiche in materia di trasparenza dei dati e delle informazioni relative a questo settore dell’attività amministrativa. Tali modifiche si basano sul principio dell’unicità dell’invio (art. 19, comma 2), in base al quale ciascun dato è fornito una sola volta ad un solo sistema informativo. Le attività e i procedimenti relativi al ciclo di vita dei contratti pubblici devono essere svolti mediante le piattaforme e i servizi infrastrutturali digitali delle singole stazioni appaltanti e sono oggetto di comunicazione obbligatoria alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) di cui è titolare l’Autorità Nazionale Anticorruzione (art. 23). L’ANAC ha l’onere di garantire la pubblicazione in formato aperto dei dati ricevuti dalle singole stazioni appaltanti (art. 28, comma 3), le quali devono assicurare il collegamento tra la loro sezione “Amministrazione trasparente” del sito e la BDNCP (art. 28, comma 2)[69].
Ancora, al fine di abbracciare l’applicazione del principio della fiducia, è cruciale promuovere una formazione specifica sui principi etici e deontologici che devono guidare l’attività degli operatori del diritto per garantire un sistema giudiziario giusto e imparziale, che infonda un senso di fiducia in tutti gli attori che vi operano.
Tuttavia, tutte le indagini campionarie condotte rispetto al tema della formazione degli operatori amministrativi concorrono nel delineare un quadro preoccupante[70]. Pertanto, è ancora più importante un impegno costante e sinergico da parte di tutti gli attori della società, grazie al quale sarà possibile rafforzare la fiducia nelle istituzioni.
Pur sussistendo le perplessità sopra menzionate, l’idea di basare l’attività negoziale su principi di elevato valore e di “semplicità” genera di per sé un clima di rinnovata fiducia.
- La fiducia come antidoto al malfunzionamento dell’amministrazione
Per concludere l’analisi sin qui condotta, il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023) persegue l’obiettivo di rivitalizzare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione. Al centro di questo ambizioso intento si pone il principio della fiducia[71], inteso quale antidoto al malfunzionamento della pubblica amministrazione italiana.
Nel perseguire questo proposito “il nuovo Codice dei contratti pubblici si pone come lo strumento con il quale il legislatore ha raccolto quella che può dichiararsi una “sfida del Terzo millennio” in materia di trasparenza. Egli, infatti, in un sol colpo ha introdotto il principio della “fiducia reciproca” in un settore da sempre, per antonomasia, raffigurato come il terreno elettivo della “sfiducia cronica”. Infatti, oggi è il tempo di superare l’approccio “intimidatorio” che ha favorito una sensibile trasformazione culturale (…) Il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione si è evoluto e merita che la diffidenza lasci il passo alla reciproca fiducia”[72].
Nel contesto del malfunzionamento dell’amministrazione pubblica, il principio di fiducia assume un valore di primaria importanza. Esso si configura non solo come strumento per superare la “cultura della sfiducia” che ha caratterizzato l’operato della pubblica amministrazione italiana fino ad oggi, ma anche, e soprattutto, come elemento propulsore per la coesione sociale e il senso di appartenenza ad una stessa comunità amministrativa. Invero “riscoprire lo spazio della fiducia nel diritto non è solo un modo per mettere in primo piano la responsabilità di chi agisce e di chi fa cultura giuridica, ma è anche l’unica via per riportare al centro del nostro discorso giuridico le qualità migliori di cui siamo in possesso”[73].
In conclusione, l’effettiva implementazione del principio di fiducia, introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici, si configura come una sfida ambiziosa, ma imprescindibile per il futuro della pubblica amministrazione italiana. L’introduzione e la successiva applicazione concreta e quotidiana del suddetto principio rappresentano solo il primo passo in tale direzione; tuttavia, con il tempo, la fiducia potrebbe diventare il nuovo paradigma della pubblica amministrazione italiana, nonché l’antidoto al suo potenziale malfunzionamento.
Già nel 1979, Giannini[74] denunciava la necessità di un cambiamento, definendo lo Stato italiano “non un amico sicuro e autorevole, ma una creatura ambigua, irragionevole, lontana”[75]. Il nuovo Codice rappresenta un’opportunità per capovolgere questa visione, costruendo una pubblica amministrazione che sia invece un “amico di cui fidarsi”.
[1] D. Gambetta, Le strategie della fiducia. Indagini sulla razionalità della cooperazione, Torino 1989, premessa p. 8
[2] T. Greco, La legge della fiducia: Alle radici del diritto, Bari-Roma 7 ottobre 2021, p. 3
[3] N. Machiavelli, Discorsi I 3, Machiavelli, 1513-1517
[4] Pelligra, I paradossi della fiducia, 2007, p. 88
[5] G. Zagrebelsky, Diritto allo specchio, Torino 2018, p. 233
[6] G. Zagrebelsky, La virtù del dubbio, a cura di G. Preterossi, Roma-Bari 2007, pp. 90-94
[7] N. Luhmann, La fiducia, Bologna 2002, p. 35
[8] U. Vincenti, I fondamenti del diritto occidentale, Roma-Bari 2010, p. 38
[9] T. Greco, La legge della fiducia: Alle radici del diritto, cit., p. 153
[10] T. Greco, La legge della fiducia: Alle radici del diritto, cit., p. 86
[11] Come fare cose con le parole è una raccolta di lezioni tenute da John Langshaw Austin all’università di Harvard nel 1955, pubblicate postume nel 1962
[12] D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 in GU n. 77 del 31-3-2023 – Suppl. Ordinario n. 12
[13] Tangentopoli è un termine usato in Italia dal 1992 per definire un sistema diffuso di corruzione politica. Inizialmente è stata Milano a essere designata come capitale delle tangenti; in seguito, con l’allargarsi dello scandalo, il termine venne usato nel gergo politico e giornalistico per riferirsi ad aree geografiche, enti pubblici, frazioni di partiti il cui funzionamento apparve dominato dalla ricerca di tangenti. In tale senso, il termine divenne sinonimo di corruzione (Enciclopedia Treccani)
[14] I. Diamanti, Per gli italiani mafia e corruzione sono una malattia inevitabile, in L’Espresso, 14 febbraio 2022
[15] Indagine di Demos-Libera (periodo 10-13 novembre 2020). L’indagine è stata diretta, in tutte le sue fasi, da I. Diamanti. L. Ceccarini, M. Di Pierdomenico e L. Gardani hanno curato la parte metodologica, organizzativa e l’analisi dei dat
[16] A. Di Pietro, 1993
[17] La legge n. 150/2000 rappresenta un passaggio fondamentale per la comunicazione nella pubblica amministrazione in quanto disciplina le “attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni” come attività finalizzate all’attuazione dei principi di trasparenza ed efficacia dell’azione amministrativa
[18] L. 7 giugno 2000, n.150
[19] In questo senso si è espressa anche la sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 2022 riconoscendo nel fenomeno della “burocrazia difensiva” una vera emergenza istituzionale
[20] Con il termine burocrazia difensiva si fa riferimento alla tendenza dei pubblici funzionari a preferire soluzioni prudenziali e conservative, anche a scapito dell’efficienza e della rapidità dell’azione amministrativa (Enciclopedia Treccani). In questo senso si è espressa anche la sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 2022 riconoscendo nel fenomeno della “burocrazia difensiva” una vera emergenza istituzionale)
[21] Con l’espressione paura della firma si suole individuare la serie di condotte omissive, tenute dai pubblici funzionari, che ostacolano il normale agire dell’Amministrazione e che sarebbero indotte, stando a quanto rilanciato dagli organi di informazione, dal timore del processo contabile e della Corte dei conti in caso di violazioni (Enciclopedia Treccani)
[22] B. Bruno, La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, a cura di B. Bruno, M. Mariani, E. Toma, Torino 2023, p. 17
[23] S. Sfrecola, Rivista di contabilità pubblica riconosciuta di carattere culturale del Comitato interministeriale di cui al D.P.C.M. 9 marzo 1957, Amministrazione e Contabilità dello Stato e degli enti pubblici, 26 gennaio 2023, p. 2
[24] L. 11 settembre 2020, n. 120. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali» (Decreto Semplificazioni)
[25] Il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 contempla tale normativa nella Parte I del Libro II, ad essa dedicando gli artt. 48-55
[26] G.M. Chiodi, Equità̀ . La regola costitutiva del diritto, Torino 2000, p. 149
[27] Art. 2 D. lgs. 36/2023
[28] Cfr. F. Riccobono, Linee per una riflessione sui principi di diritto, in M. Ruotolo (a cura di), Studi in onore di Franco Modugno, vol. IV, Napoli 2011, p. 2878; B. Pastore, Pluralismo, fiducia, solidarietà. Questioni di filosofia del diritto, Roma 2007, pp. 94 s.
[29] Art. 1375 C.C. Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.
[30] Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 19
[31] Art. 97, comma 2, Cost. italiana
[32] M. S. Giannini, Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello stato, 16 novembre 1979
[33] Tangentopoli è un termine usato in Italia dal 1992 per definire un sistema diffuso di corruzione politica. Inizialmente è stata Milano a essere designata come capitale delle tangenti; in seguito, con l’allargarsi dello scandalo, il termine venne usato nel gergo politico e giornalistico per riferirsi ad aree geografiche, enti pubblici, frazioni di partiti il cui funzionamento apparve dominato dalla ricerca di tangenti. In tale senso, il termine divenne sinonimo di corruzione (Enciclopedia Treccani)
[34] Cost. italiana, 1948
[35] D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[36] L. 21 giugno 2022, n. 78 (Delega al Governo in materia di contratti pubblici
[37] Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è il programma con cui il governo italiano gestisce i fondi del Next generation Eu, strumento di rilancio lanciato dall’Unione europea dopo la pandemia da Covid-19 (in https://www.mef.gov.it/en/focus/The-National-Recovery-and-Resilience-Plan-NRRP/)
[38] Così esordisce C. Contessa, in Le novità del decreto semplificazioni, ovvero: nel settore dei contratti pubblici esiste ancora un Codice? “Nonostante l’enfatica rubrica legis che lo caratterizza, il Decreto-legge n. 76 del 2020 non recherà certamente nel settore degli appalti un maggiore grado di semplificazione. Al contrario, il sistema che emerge all’esito della novella normativa del 2020 risulta più complesso e articolato di quello sino ad oggi vigente, si frammenta in numerosi regimi temporalmente differenziati e mina alla radice la stessa unitarietà del sistema, che dovrebbe rinvenire nel Codice di settore il proprio punto centrale di riferimento” (dicembre 2020)
[39] Rispettivamente: D.L. n. 76/2020 convertito con modificazioni con Legge 11/09/2020, n. 120; D.L. n. 77/2021 convertito con modificazioni con Legge 29/07/2021, n. 108
[40] B. Bruno, La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, cit., pp. 9-10
[41] Art. 1 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (principio del risultato), Art. 2 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (principio della fiducia), Art. 3 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (principio di accesso al mercato)
[42] Artt. 1-12 D. lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[43] B. Bruno, a nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, cit., pp. 13-14
[44] (Art. 1 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (principio del risultato), Art. 2 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (principio della fiducia), Art. 3 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (principio di accesso al mercato)
[45] G. Rovelli, Introduzione al nuovo Codice dei contratti pubblici. I princìpi nel nuovo Codice degli appalti pubblici e la loro funzione regolatoria, 2023, p. 18
[46] S. Castignone, Diritto, linguaggio, realtà. Saggi sul realismo giuridico, Torino 1995, pp. 11-219
[47] Artt. 4 – 12 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36k
[48] L. R. Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, D.lgs. 31 marzo 2023, Milano settembre 2023, p. 17
[49] Per una sottolineatura di questo punto, in contrappunto all’eccesso di “romanticismo” che traspariva dall’ultima relazione dell’Anac, sia consentito rinviare a G. Napolitano, Opere da salvare, in il Foglio, 25 giugno 2022
[50] G. Napolitano, Il nuovo Codice dei contratti pubblici: i principi generali, Giornale di diritto amministrativo 3/2023, Bimestrale di legislazione, giurisprudenza, prassi e opinioni, 2023, p. 288
[51] Nel diritto privato, il principio della fiducia connota un tipo di negozi giuridici, il trustnella prassi anglosassone, che si basa sulla fiducia che i contraenti ripongono l’uno nell’altro
[52] Nel diritto costituzionale, la fiducia contraddistingue il rapporto di reciproca legittimazione tra Governo e Parlamento
[53] Art. 2, comma 1, D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[54] B. Bruno, La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, cit., pp. 17- 18
[55] Art. 2, comma 2, D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[56] B. Bruno, La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, cit., p. 18
[57] B. Bruno, La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, cit., p. 18
[58] L’iniziativa economica è libera ai sensi dell’art. 41, comma 1, Cost., e si svolge mediante esercizio dell’autonomia organizzativa e contrattuale sancita e tutelata dall’art. 1322 c.c., secondo cui “le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge”
[59] Art. 2, comma 3, D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[60] Art. 2, comma 3, D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[61] Cons. St., Relazione allo Schema e Allegati
[62] Art. 2, comma 4, D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[63] Art. 15, D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[64] A. Bertelli, Le principali novità del nuovo Codice dei contratti (decreto legislativo n. 36/2023), cit., giugno 2023
[65] Art. 66 D. lgs. 18 aprile 2016, n. 50
[66] Il D.lgs. 50/2016 tratta l’argomento del partenariato nel Titolo I della Parte IV
[67] La trasparenza è un elemento fondamentale per alimentare la fiducia nelle istituzioni: rendere accessibili informazioni, dati e documenti relativi al loro operato, favorendo la massima apertura e chiarezza, è un passo importante. L’implementazione di sistemi di raccolta di opinioni e proposte dei cittadini, così da favorire un dialogo bidirezionale, è un ulteriore strumento per rafforzare la fiducia.
[68] Nel 2015, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha condotto un’analisi approfondita sul tema del coordinamento delle politiche relative all’amministrazione aperta e alla partecipazione dei cittadini nel processo decisionale. L’indagine ha coinvolto oltre 50 nazioni e i suoi esiti sono confluiti in un rapporto ufficiale intitolato Open Government – The Global Context and the Way Forward, pubblicato l’anno successivo. Il suddetto rapporto rappresenta il fondamento della Raccomandazione 140 in materia di amministrazione aperta, adottata dal Consiglio dell’OCSE il 14 dicembre 2017. Merita menzione sia per i contenuti in esso espressi sia per l’obiettivo finale che sembra perseguire. L’OCSE, in primis, “raccomanda agli Stati membri (e a quelli che, pur non essendo membri, decidano di aderire comunque alla Raccomandazione) di elaborare, adottare e attuare strategie e iniziative per l’amministrazione aperta che promuovano princìpi di trasparenza, integrità, responsabilità (accountability) e partecipazione degli stakeholders nell’ideazione e nella prestazione delle politiche e dei servizi pubblici, in una maniera aperta ed inclusiva” – S. Marci, Dall’open government all’open State: la nuova raccomandazione dell’OCSE, in Senato della Repubblica, Esperienze, 2018, n.30, p. 19
[69] L’attuazione di tale modello, che a regime assicura semplificazione e snellimento delle attività, è stata differita al 1° gennaio 2024 (art. 225, commi 1 e 2). Il differimento è stato disposto al fine di consentire, da un lato, ad ANAC di adottare i provvedimenti regolatori necessari ad implementare il nuovo sistema e, dall’altro, alle stazioni appaltanti di dotarsi di piattaforme di approvvigionamento digitale, in grado di assicurare la piena digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici e l’interoperabilità necessaria a rendere disponibili le proprie basi dati alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) di cui all’art. 50-ter del D.lgs. n. 82/2005.
[70] G. De Luca, La formazione del personale nella pubblica amministrazione, Amministrazione in Cammino, Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet”, a cura di G. Di Gaspare, p. 9
[71] Art. 2 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36
[72] S. Toschei, Contratti pubblici nel nuovo Codice, la sfida trasparenza, in Il Sole 24 Ore, 19 aprile 2023, p. 38
[73] T. Greco, La legge della fiducia: Alle radici del diritto, cit., quarta di copertina
[74] Nel Rapporto del 1979, Giannini aveva avvertito la necessità di una semplificazione. Tale tendenza si è poi sviluppata nel corso degli anni Novanta ed è culminata con il “Rapporto sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni” redatto nel 1993 da S. Cassese
[75] M. S. Giannini, Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello stato, 16 novembre 1979