di Salvatore Sfrecola
Dopo il “Trattato di contabilità pubblica” di Salvatore Buscema, in cinque volumi, inevitabilmente consumato dal tempo, tranne che nei princìpi fondamentali, e dalla evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale, si sentiva il bisogno di una trattazione sistematica della materia, sempre più complessa e articolata in una pluralità di fonti. Vi provvede ora Pelino Santoro, Presidente onorario della Corte dei conti, una lunga esperienza nel controllo e nella giurisdizione contabile, docente universitario, autore di una preziosa manualistica sulla quale si sono formati magistrati contabili, avvocati, funzionari delle amministrazioni centrali e degli enti pubblici, che vi hanno sempre trovato indicazioni preziose e aggiornate, a mano a mano che la legislazione sulla gestione dei bilanci si andava rinnovando sia per lo Stato che per gli enti.
Il Trattato di Pelino Santoro (Giappichelli, Torino 2024, pp. 1741, € 150,00) vuole essere, dunque, una risposta scientificamente adeguata e operativamente preziosa all’esigenza di avere della contabilità pubblica una effettiva rappresentazione trattandosi di una materia di quelle – scrive l’Autore in apertura della Introduzione – “la cui disciplina non finisce mai perché costretta ad adattarsi alla storia dei tempi e all’incalzare di avvenimenti storici, prevedibili o meno, nel tentativo di apprestare i rimedi necessari, con compromessi idonei a salvaguardare il consenso. La contabilità pubblica, infatti, rappresenta l’ordinamento vitale del paese che regola gli aspetti finanziari della convivenza sociale della collettività”.
Così delineato per somme linee il ruolo della contabilità pubblica, va richiamato quanto scrive il Presidente della Corte dei conti, Guido Carlino, nella Presentazione del volume. La contabilità pubblica costituisce “un paradigma di buona amministrazione”, prezioso per i cittadini, perché “l’applicazione dell’insieme di regole e principi generali che la qualificano, infatti, fa sì che la forza dei numeri, nel dare evidenza alle scelte politiche, consente ai cittadini di avere piena cognizione dell’uso che viene fatto del denaro pubblico, divenendo lo strumento privilegiato per la verifica rigorosa non solo della sana gestione finanziaria e della corretta destinazione delle risorse al soddisfacimento delle occorrenze pubbliche, ma anche della legalità dell’azione amministrativa, nel rispetto delle norme nazionali e di quelle sovranazionali”.
La gestione del pubblico denaro che, dobbiamo sempre ricordarlo, proviene dal prelievo fiscale a carico dei cittadini e delle imprese, è funzionale al perseguimento delle finalità, che l’autorità pubblica manifesta essenzialmente in sede elettorale, di soddisfare esigenze primarie, le c.d. “politiche pubbliche”, della società, la sicurezza interna e l’ordine pubblico, la difesa verso l’esterno, la giustizia, l’istruzione, la previdenza e l’assistenza, e richiede che siano perseguite nel rispetto della legge e dei princìpi di efficienza, efficacia ed economicità.
La contabilità pubblica è dunque, al di là della tecnica di gestione delle risorse finanziarie e patrimoniali, una “scienza al servizio della comunità”, come sottolinea il Presidente Carlino, diretta ad assicurare, attraverso princìpi e regole, il soddisfacimento dei vari interessi della comunità per migliorarne le condizioni di convivenza. La contabilità pubblica, quindi, come il motore che fa funzionare la macchina finanziaria e patrimoniale pubblica, esige una conoscenza approfondita per chiunque operi all’interno degli apparati pubblici, soggetto a controlli e tenuto a rispondere di eventuali errori che, per la loro gravità, meritino di attivare una responsabilità di natura risarcitoria tendenzialmente diretta a ripristinare i valori perduti.
Non a caso, infatti, La Corte costituzionale ha richiamato più volte importanti princìpi in materia di finanza pubblica, come quello del bilancio “bene pubblico”. D’altra parte, la disciplina della gestione delle risorse pubbliche accompagna da sempre l’evoluzione degli ordinamenti statali e si inserisce nel rapporto fra il cittadino, che corrisponde il dovuto all’autorità pubblica per la realizzazione di finalità di interesse comune, e la stessa autorità che al cittadino deve rendere conto di come ha gestito il denaro pubblico. Si deve risalire molto indietro nel tempo in quanto le regole del bilancio sono coeve alla organizzazione e al funzionamento degli ordinamenti generali già prima che li chiamassimo stati. Tappa fondamentale la famosa Magna Charta Libertatum che nel 1215 ha stabilito una volta per tutte che l’autorità pubblica provvede al prelievo fiscale perché autorizzata dai cittadini-contribuenti attraverso il voto delle istituzioni rappresentative, la Camera dei Comuni del Regno d’Inghilterra, alla quale il sovrano deve rendere conto di come le risorse prelevate attraverso i tributi sono state impiegate. Questo sistema di regole di natura costituzionale prevede un organo tecnico, assolutamente indipendente, e, pertanto, nel nostro ordinamento una magistratura alla quale affidare, come ebbe a dire al Parlamento subalpino il Conte di Cavour, allora Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna, in occasione della riforma della legge di contabilità, il controllo preventivo e successivo. Quell’organo, nel nostro ordinamento come in molti altri ordinamenti, con espressioni similari, è la Corte dei conti che ne riferisce al Parlamento, del quale, pertanto, è stata definita longa manus.
A tutte queste regole Pelino Santoro dedica, con la passione e la competenza straordinaria di chi le ha applicate e ha insegnato ad applicarle, l’esposizione della contabilità, dei princìpi e dei meccanismi propri delle funzioni di gestione concreta del denaro e dei patrimoni e le funzioni di controllo e giurisdizionali esercitate dalla Corte dei conti che, come ricorda Guido Carlino, è istituita “a presidio dell’interesse finanziario pubblico”.
Caratteristica delle opere che fin qui ci ha fornito Pelino Santoro e, a maggior ragione, dell’attuale Trattato l’estrema chiarezza della esposizione con puntuali riferimenti dottrinali e giurisprudenziali all’evoluzione della normativa in materia di contabilità pubblica che è stata, come tanti altri aspetti della normativa statale e locale, influenzata dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea ed anche dalle regole internazionali contabili che sono espressione delle indicazioni fornite dall’INTOSAI, The International Organisation of Supreme Audit Institutions, l’organizzazione internazionale che riunisce le istituzioni superiori di controllo dei vari stati, che ha elaborato una serie di standard internazionali per le istituzioni aderenti (gli International Standards of Supreme Audit Institutions – ISSAI).
Ho sempre rilevato nelle opere di Santoro una straordinaria capacità di trasmettere al lettore la propria cultura giuridica irrobustita da una lunga esperienza professionale, anche a quello che si avvicina per la prima volta alla contabilità pubblica con un po’ di quella prevenzione che, sulle prime, hanno spesso i giuristi che pensano che la disciplina dei conti pubblici sia una tecnica di numeri senza considerare che le regole applicate nel rispetto di princìpi di ordine costituzionale sono giuridiche e riferite al “quadro comunitario che intende assecondare il passaggio da una direttrice di rigorosa austerità a una crescita alimentata da risorse suppletive, con licenza di derogare alle regole auree del debito e sulla spesa (c.d. clausola di salvaguardia) per “eventi eccezionali” con la prospettiva di un obiettivo di medio termine concordato a livello comunitario”.
Devo dire che, anche nella mia lunga esperienza di magistrato della Corte dei conti, applicato sia al controllo che alla giurisdizione nella funzione requirente e in quella giudicante, anche quale presidente di collegio, ho sempre trovato occasioni di proficua riflessione leggendo e spesso rileggendo le pagine di Pelino Santoro, proprio per la sua straordinaria capacità di chiarire e precisare anche quando la molteplicità delle pronunce di controllo e giurisdizionali e la varietà delle indicazioni dottrinali potevano far dubitare della regola da applicare al caso concreto.
Il testo tratta in specifici capitoli, oltre che della natura e delle regole fondamentali della contabilità pubblica, anche dell’impatto “dei nuovi princìpi costituzionali e le ricadute sugli spazi di autonomia locale (c.d. federalismo), in un sistema che pone al centro i principi di armonizzazione e coordinamento della finanza pubblica e di sussidiarietà e leale collaborazione, mediante la trasposizione nazionale dei princìpi di equilibrio, con l’obiettivo della stabilità finanziaria e il consolidamento dello Stato di diritto”, come precisa l’Autore. Seguono le regole della gestione della finanza pubblica a livello nazionale e territoriale ripartite nelle varie fasi della spesa e dell’entrata, dei residui, della tesoreria, nell’ottica di un nuovo sistema di contabilità finanziaria potenziata, integrato con una contabilità economico-patrimoniale e raccordata con le rilevazioni di contabilità nazionale per la misurazione statistica della situazione economica complessiva del Paese secondo il sistema europeo dei conti pubblici.
Una speciale attenzione Santoro riserva alla rendicontazione e ai conti economici, alla gestione del patrimonio e dei contratti, alle concessioni, alla gestione dei servizi pubblici e ai controlli, analizzati nei vari possibili aspetti, compreso il controllo concomitante, e articolati separatamente per l’amministrazione dello Stato e degli enti territoriali.
Tradizionale è l’attenzione che Santoro riserva alla materia contrattuale, che impegna risorse pubbliche sempre più rilevanti, raccordata con i princìpi contabili di base, considerato che il nuovo Codice dei contratti, del 2023, ponendo al centro il principio del risultato sembra rappresentare, come osserva l’A., un ritorno all’antico riproponendo il principio cardine della contabilità di Stato che ha sempre considerato la procedura di evidenza pubblica come uno strumento concorrenziale per la scelta del “giusto contraente”, quale miglior contraente al minor prezzo possibile, in una prospettiva della concorrenza come mezzo e non come fine. Quindi nel rispetto di un principio fondamentale dei Trattati dell’Unione Europea che vedono nella concorrenza una regola fondamentale per l’esercizio pubblico di funzioni di interesse generale.
Passo dopo passo con la chiarezza tradizionale, della quale ho già detto, Santoro adotta il sistema delle tesi e degli argomenti che ne hanno fatto diventare l’opera un “Trattato sistematico”, che procedendo da definizioni e princìpi fondamentali facilita l’approccio alle tematiche contabili, rese complesse dalla più recente normativa, tra l’altro dispersa tra testi di vario contenuto, come strumento di lavoro fondamentale per gli operatori delle amministrazioni pubbliche, dei magistrati, degli avvocati e dei consulenti dei privati che operano con le pubbliche amministrazioni, ponendosi altresì come strumento indispensabile di apprendimento per i candidati nei concorsi pubblici di funzionario, dirigente e magistrato contabile. Giovano a questi fini il riferimento ai più recenti indirizzi giurisprudenziali, spesso arricchiti con rinvio a note della dottrina più qualificata che ha approfondito leggi e sentenze.
Essendo un Trattato di finanza l’Autore non trascura di mettere a disposizione del lettore una serie di riferimenti dottrinali riferiti alla finanza globale ed ai problemi, più specificamente italiani, di sostenibilità del debito che condizionano le scelte di politica tributaria anche in relazione ai vincoli comunitari.
Giusto, dunque, da studiosi ed operatori del diritto contabile pubblico esprimere, come fa il Presidente Carlino in chiusura della sua Presentazione, “riconoscenza” all’Autore insieme all’augurio di un “buon successo editoriale” al volume, come è stato per i precedenti manuali, strumenti di lavoro preziosi, oggi sostituiti dal presente Trattato.