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Il nuovo codice dei contratti e la responsabilità amministrativa

dell’Avv. Glauco Stagnaro

1. Il principio del risultato – 2. Il principio della fiducia e la nozione di colpa grave – 3. La portata applicativa dei princìpi del nuovo codice – 4. Le finalità della definizione di colpa grave – 5. I criteri valutativi della responsabilità amministrativa colposa – 6. La formazione del personale – 7. L’operatività dello “scudo erariale” – 8. Il concorso tra la responsabilità amministrativa e quella civile – 9. I rapporti tra responsabilità colposa e dolosa – 10. Le coperture assicurative – 11. La responsabilità amministrativa e le cause di esclusione dalle gare 

1. Il codice dei contratti pubblici approvato con il d.lgs. n. 36/2023 (in attuazione della delega conferita al Governo dall’art. 1, legge n. 78/2022) ha inteso formalizzare e valorizzare il principio del risultato, conferendogli particolare risalto mediante la sua enunciazione nel contesto dell’art. 1 dello stesso codice[1].

Tale principio, che non era espressamente sancito dal precedente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), comporta la necessità per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di espletare gli adempimenti relativi all’affidamento del contratto e alla sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza” (art. 1 del nuovo codice, comma 1). Inoltre, il principio del risultato costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto” e rappresenta “attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità” (art. 1 del codice, commi 3-4)[2].

Come puntualizzato nella relazione illustrativa elaborata dal Consiglio di Stato il 7/12/2022 sullo schema definitivo del nuovo codice[3], “il risultato si inquadra nel contesto della legalità e della concorrenza: ma tramite la sua codificazione si vuole ribadire che legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività“.

In coerenza con queste indicazioni di carattere generale, l’art. 1 del nuovo codice precisa (al comma 4) che il principio del risultato si configura quale “criterio prioritario” anche allo scopo di “valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti“. 

Tale disposizione codicistica rappresenta un elemento di novità (non trovando un corrispondente riscontro nella precedente codificazione del 2016) e persegue lo scopo di prevenire e contrastare “ogni forma di burocrazia difensiva: in quest’ottica si «premia» il funzionario che raggiunge il risultato attenuando il peso di eventuali errori potenzialmente forieri di responsabilità“; in tal senso si pronuncia la predetta relazione illustrativa del Consiglio di Stato, rimarcando altresì che, “come ha ben evidenziato anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 8 del 2022, «paura della firma» e «burocrazia difensiva» rappresentano fonte di inefficienza e immobilismo e, quindi, un ostacolo al rilancio economico, che richiede, al contrario, una pubblica amministrazione dinamica ed efficiente“.

Il nuovo codice, nel valorizzare i principi sopra richiamati, intende dunque orientare l’operato dei funzionari pubblici nella prospettiva che – come indicato nella stessa relazione del Consiglio di Stato – “ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Il raggiungimento di questo risultato implica il superamento di ogni forma di inerzia e l’esercizio effettivo della discrezionalità di cui la P.A. dispone“; pertanto, “esplicitare a livello normativo questo presupposto culturale e giuridico promuove il senso di appartenenza dell’Amministrazione allo Stato-comunità, scongiura l’inerzia, valorizza le capacità e orienta verso il rispetto della legalità sostanziale[4].

2. Allo scopo di dare concreta attuazione agli obiettivi suindicati, l’art. 2 del nuovo codice si sofferma sul principio della fiducia nell’azione legittima dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici, recando (al comma 3) la seguente precisazione: “Nell’ambito delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti“.

Nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato viene osservato che la norma in questione (non esplicitata nel d.lgs. n. 50/2016) “codifica il diritto vivente formatosi nell’ambito delle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti“, effettuando “una perimetrazione del concetto di colpa grave rilevante ai fini della responsabilità amministrativa” dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della stessa Corte, allo scopo di contribuire a superare la “burocrazia difensiva”[5].

Le precisazioni dell’art. 2 del nuovo codice dei contratti pubblici sulla colpa grave si pongono in linea con l’analoga norma, contenuta nell’art. 69 del codice di giustizia contabile approvato con d.lgs. n. 174/2016 e dotata quindi di una portata applicativa di carattere generale, in forza della quale (ai fini dell’archiviazione dell’istruttoria nella fase preprocessuale da parte della Procura contabile) non si configura la colpa grave ogniqualvolta “l’azione amministrativa si sia conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi“.

Nello stesso senso, anche l’art. 95 del codice di giustizia contabile (in tema di prove nelle cause di responsabilità amministrativa) dispone che “il giudice, ai fini della valutazione dell’effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo della responsabilità e del nesso di causalità, considera, ove prodotti in causa, anche i pareri resi dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali, nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi“.

3. In merito alle possibili ricadute sul piano pratico dei princìpi enunciati dal nuovo codice, in dottrina è stato rilevato che “l’endiadi fiducia-risultato si può tradurre in un rafforzamento della discrezionalità amministrativa, e dunque in un sindacato meno penetrante sulle singole scelte effettuate per pervenire al risultato negoziale, sempre là dove restino nell’alveo della trasparenza e del fine ultimo di interesse pubblico[6].

Va comunque tenuto presente che, nell’ambito dei futuri giudizi di responsabilità amministrativa a carico dei funzionari pubblici, la portata applicativa dei princìpi generali del risultato e della fiducia potrebbe risultare, in concreto, limitata.

Infatti, il nuovo codice dei contratti pubblici (composto da 229 articoli e da 38 allegati) reca una disciplina minuziosa dei singoli aspetti della materia; le disposizioni codicistiche di dettaglio finiscono quindi per costituire uno stringente parametro ai fini della valutazione sulla sussistenza, o meno, della responsabilità, sicché i margini di operatività dei princìpi in questione appaiono alquanto ristretti.

In considerazione di quanto disposto dall’art. 4 del nuovo codice (“le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3“), ai fini dei giudizi di responsabilità amministrativa l’applicazione del principio del risultato è ipotizzabile soprattutto con riferimento a vicende connotate da ampi margini di discrezionalità amministrativa. Nell’ambito di queste ultime, potrebbe essere valorizzata l’autonomia decisionale dei funzionari, ogniqualvolta le iniziative da essi assunte appaiano effettivamente orientate a perseguire gli obiettivi istituzionali, ancorché tramite modalità procedimentali atipiche o comunque non pienamente aderenti agli schemi normativi.

In quest’ottica, in sede di giurisdizione contabile il principio del risultato potrebbe essere invocato unitamente al principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, nonché all’orientamento giurisprudenziale che ravvisa la sussistenza del danno erariale in presenza non già di una mera violazione della normativa bensì di un effettivo pregiudizio patrimoniale per l’amministrazione[7].

4. Nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato sul nuovo codice viene poi rimarcato che la norma in tema di responsabilità amministrativa colposa (art. 2) “risulta necessaria in quanto in passato il labile confine tra colpa grave e colpa lieve ha generato incertezze interpretative, contribuendo a quella forma di burocrazia difensiva che il principio della fiducia si propone di superare“.

Questo aspetto ha formato oggetto di specifico approfondimento nel contesto del “Contributo scritto su atto Governo n. 19 – codice dei contratti pubblici” redatto dalla Corte dei Conti nel febbraio 2023[8], laddove è stato rilevato che, “a seguito della introduzione della limitazione della responsabilità erariale alla colpa grave (con d.l. n. 543 del 1996, convertito con legge n. 639 del 1996), la giurisprudenza contabile ha cercato a più riprese di ricercare nelle condotte attive e omissive del responsabile i tratti distintivi della gravità della colpa[9] e che “la più evoluta giurisprudenza contabile si è attestata, più recentemente, su una concezione essenzialmente normativa del giudizio in ordine alla sussistenza della colpa grave, il quale impone sostanzialmente al giudice una doppia valutazione: in primo luogo, individuare il fondamento normativo della regola a contenuto cautelare che esprime in termini di prevedibilità, prevenibilità ed evitabilità, la misura della condotta (diligente, perita e prudente) sulla quale il legislatore ha riposto affidamento per prevenire ed evitare il rischio di conseguenze negative per l’Erario; definito in tal modo il parametro oggettivo di riferimento del titolo soggettivo della colpa grave, accertare il grado di esigibilità della condotta normativamente prevista in ragione delle condizioni concrete della gestione (cfr., Corte conti, Sez. II app., n. 662/2014)“.

Nello stesso contributo della Corte dei Conti si sottolinea altresì che, con il nuovo codice dei contratti, “sembra dunque realizzarsi un virtuoso compromesso fra l’esigenza evidenziata nella relazione al codice di ridurre le incertezze interpretative in materia e la necessità di una impostazione coerente con l’istituto della responsabilità erariale, rispetto al quale permane certamente la assoluta necessità di valutare il grado della colpa sulla base del caso concreto, sia pure percorrendo l’iter argomentativo delineato dalla giurisprudenza e ripreso dalle disposizioni in esame“.

Peraltro, anche a seguito della definizione in tema di colpa grave introdotta dall’art. 2 del nuovo codice, residuano inevitabili incertezze applicative, connesse al carattere “aperto” e non tipizzato delle nozioni (quali la prudenza, perizia e diligenza) richiamate dalla stessa norma, anche con riferimento agli indirizzi giurisprudenziali prevalenti (in molti casi, infatti, può risultare obiettivamente difficoltoso per i funzionari pubblici reperire ed esaminare tutte le sentenze intervenute su una singola questione allo scopo di ricavare le necessarie indicazioni operative). 

5. In questa prospettiva, nell’ambito dei giudizi di responsabilità amministrativa inerenti ai contratti pubblici, riveste particolare rilievo la verifica – prevista dall’art. 2 (comma 3) del nuovo codice – volta ad accertare se il funzionario, nell’assumere le determinazioni di propria competenza, abbia posto in essere tutti gli adempimenti istruttori esigibili “in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto“.

Tale norma codicistica rimarca la necessità di rapportare la valutazione sulla colpevolezza (con riferimento alle violazioni delle norme di legge, nonché delle regole e dei princìpi dell’azione amministrativa) non già ad un modello astratto bensì alle effettive condizioni soggettive del funzionario e alla situazione in cui il medesimo si è trovato in concreto a operare[10].

Neppure questa disposizione del nuovo codice – che rappresenta un’ulteriore estrinsecazione del principio della fiducia – ha carattere realmente innovativo. Infatti, ai fini della valutazione della responsabilità amministrativa, risulta da lungo tempo attribuita alla Corte dei Conti (in forza dell’art. 83, r.d. n. 2440/1923 e dell’art. 52, r.d. n. 1214/1934) la facoltà di esercitare il c.d. “potere riduttivo”, che consente al giudice di diminuire l’importo risarcitorio a carico dell’amministratore o funzionario convenuto in giudizio, allo scopo di tenere conto di tutte le circostanze (oggettive e soggettive) che connotano ogni specifica vicenda[11].

6. Inoltre, relativamente ai giudizi di responsabilità amministrativa a carico dei funzionari che operano nel settore dei contratti pubblici, può assumere rilievo – per la verifica in merito alla colpa grave – la norma del nuovo codice (art. 15, comma 7) che demanda alle stazioni appaltanti e alle amministrazioni concedenti l’adozione di un piano di formazione “per il personale che svolge funzioni relative alle procedure in materia di acquisti di lavori, servizi e forniture“. Nello stesso senso, l’art. 2 del codice sancisce (al comma 4) l’obiettivo per le stazioni appaltanti di “rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti” anche mediante i suddetti piani di formazione.

A fronte di tali disposizioni codicistiche, l’omesso adempimento degli obblighi formativi a carico della P.A. potrebbe portare a escludere, nell’ambito di un giudizio di responsabilità amministrativa, la gravità della colpa in capo al funzionario privo di un’adeguata formazione in materia di contratti pubblici ovvero a ridurre l’importo dell’obbligo risarcitorio (in sede di esercizio del “potere riduttivo”).

7. Per altro verso, la sopra riportata definizione in tema di colpa grave contenuta nel nuovo codice dei contratti pubblici, oltre a non avere carattere innovativo rispetto al previgente quadro normativo e giurisprudenziale, non intende apportare deroghe o modifiche alla disciplina transitoria nota come “scudo erariale”. Quest’ultima – che ha carattere generale e, come tale, opera anche nel settore dei contratti pubblici – prevede la limitazione della responsabilità amministrativa degli amministratori e funzionari pubblici ai soli casi in cui “la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta“, nonché alle ulteriori ipotesi in cui i danni risultano “cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente“.

Tale disciplina di carattere transitorio – introdotta dall’art. 21 del decreto legge n. 76/2020 (convertito in legge n. 120/2020) a far data dal 17/7/2020 e successivamente prorogata per ben tre volte (da ultimo fino al 30/6/2024)[12] – persegue anch’essa l’obiettivo di superare le forme di “burocrazia difensiva” e di disincentivare le condotte inattive nell’ambito della P.A.[13], nell’ottica di favorire altresì la ripresa delle attività economiche a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Il nuovo codice non reca alcuna deroga all’operatività dello “scudo erariale”, sicché per i contratti pubblici (così come per gli altri settori nei quali si esplica l’azione amministrativa) la disciplina sulla colpa grave troverà integrale applicazione soltanto al termine del suddetto periodo transitorio.

In ordine al carattere necessariamente temporaneo dello “scudo erariale” anche per la materia dei contratti pubblici (stante l’opportunità di mantenere, a regime, la piena operatività della responsabilità per colpa grave), si è espresso il già citato “Contributo scritto su atto Governo n. 19 – codice dei contratti pubblici” redatto dalla Corte dei Conti nel febbraio 2023 sulla nuova codificazione[14]. Sul punto, viene rimarcato che “una responsabilità erariale solo dolosa non è più una responsabilità funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione: azzerando la colpa grave e, quindi, il parametro dell’homo eiusdem professionis et condicionis per valutare la condotta del funzionario pubblico rispetto agli obblighi di servizio e ai doveri d’ufficio cui è tenuto, viene meno il parametro su cui valutare il buon andamento della pubblica amministrazione e la sua stessa efficienza, in aperto contrasto con l’art. 97, comma 2, Cost., di cui peraltro costituisce corollario il principio del risultato. Nel contesto delineato dallo schema del nuovo codice, peraltro, solo il mantenimento di una responsabilità erariale anche per colpa grave, sia pure nella definizione data, risulta compatibile non solo con il principio del risultato, come già evidenziato, ma anche con lo stesso principio della fiducia“, il quale “si basa sul presupposto del riconoscimento di capacità e professionalità in capo al funzionario” e “non può conciliarsi con l’esclusione della responsabilità per colpa grave“.

In pendenza dello “scudo erariale”, nell’ambito dei giudizi di responsabilità amministrativa a carico dei funzionari pubblici, i presupposti stabili dall’art. 2 del nuovo codice dei contratti per configurare la colpa grave trovano applicazione unicamente per le condotte omissive o inerti (per le quali non opera la suddetta limitazione della responsabilità) e non anche per le condotte attive.

8. Peraltro, i dipendenti pubblici possono essere chiamati a rispondere dei danni arrecati all’Erario nell’esercizio delle proprie funzioni a titolo non solo di responsabilità amministrativa (a seguito di un’azione risarcitoria instaurata dalla Procura della Corte dei Conti) ma anche di responsabilità civile (per effetto di un’iniziativa giudiziaria avviata dall’amministrazione danneggiata davanti al giudice ordinario)[15]. Infatti, le due azioni risarcitorie (amministrativa e civile) possono essere esercitate anche in maniera contestuale, con il solo limite rappresentato dalla necessità di evitare duplicazioni del credito spettante all’amministrazione danneggiata (v. Corte Costituzionale, sentenza 7/7/2022, n. 203: “sul piano della tendenziale integrità del risarcimento del danno erariale, ove questa non risulti assicurabile dall’azione del Pubblico Ministero contabile, residualmente rimane l’azione risarcitoria della P.A. danneggiata“)[16].

Di conseguenza, dal momento che lo “scudo erariale” introduce una limitazione del risarcimento dei danni causati a titolo di colpa grave (per condotte attive) riferita esclusivamente alla responsabilità amministrativa[17], nel periodo transitorio fino al 30/6/2024 i funzionari pubblici restano comunque esposti, per le stesse condotte attive, ad azioni risarcitorie in sede civile.

In relazione a tali giudizi civili, la definizione di colpa grave enunciata nel nuovo codice dei contratti (pur essendo direttamente applicabile soltanto “ai fini della responsabilità amministrativa“, come precisato al comma 3 dell’art. 2 del medesimo codice) rappresenta comunque un utile criterio di riferimento, tenuto altresì conto del fatto che tale definizione codicistica ha carattere ricognitivo del consolidato orientamento giurisprudenziale.

9. Allorché (dopo il 30/6/2024) verrà superata la limitazione di responsabilità prevista dallo “scudo erariale”, la norma del nuovo codice dei contratti pubblici sulla colpa grave sarà destinata ad assumere una particolare rilevanza sul piano pratico.

Ciò per effetto dell’ulteriore disposizione (introdotta nell’art. 1 della legge n. 20/1994 dall’art. 21 del citato decreto legge n. 76/2020 contestualmente allo “scudo erariale”) volta a circoscrivere la responsabilità amministrativa dolosa ai soli casi in cui venga provata dalla Procura contabile “la volontà dell’evento dannoso” in capo al funzionario pubblico.

Tale disposizione in tema di dolo, avente portata applicativa generalizzata e carattere permanente (a differenza della disciplina temporanea dello “scudo erariale” per le condotte colpose), comporta un significativo ampliamento dell’ambito di operatività della colpa grave (come delineata dall’art. 2 del codice dei contratti pubblici), a causa del maggior rigore probatorio necessario a dimostrare il dolo in sede di responsabilità amministrativa. Infatti, la colpa grave comprende ora ipotesi precedentemente inquadrate nell’ambito del dolo (il quale, in passato, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, richiedeva la coscienza e volontà in capo al funzionario pubblico di agire in violazione della normativa vigente, senza che fosse ritenuta necessaria anche l’intenzione di arrecare un danno all’Erario[18]).

10. Un’altra previsione introdotta dal nuovo codice dei contratti pubblici (all’art. 2, comma 4) in attuazione al principio della fiducia stabilisce che “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale[19].

Tale innovativa disposizione[20] riveste particolare importanza al fine di eliminare o almeno ridurre le conseguenze a carico dei funzionari pubblici connesse alla responsabilità amministrativa di carattere gravemente colposo (non essendo invece assicurabile la responsabilità dolosa: v. artt. 1900 e 1917, cod. civ.)[21]. In effetti, l’esistenza di un’idonea copertura assicurativa per il funzionario pubblico consente al medesimo di trasferire alla compagnia le conseguenze economiche di un’eventuale condanna risarcitoria (in misura pari all’importo per il quale opera la polizza).

A ciò va aggiunto che la facoltà discrezionale per gli enti pubblici di stipulare contratti assicurativi per i danni a terzi correlati alla loro attività in materia di contratti pubblici (v. l’art. 18 del nuovo codice sulla possibilità di copertura per “la responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione[22]) può elidere in radice il danno erariale a carico dei funzionari pubblici. Infatti, mediante la copertura assicurativa, viene addossata in capo alla compagnia assicurativa, ossia a un soggetto privato, la diminuzione patrimoniale connessa al c.d. “danno indiretto” (che consiste nel pregiudizio erariale contestato dalla Procura contabile a un funzionario pubblico, a seguito dell’esborso sostenuto dall’ente per risarcire un terzo danneggiato).

La mancata attivazione, da parte dell’ente pubblico, di una copertura assicurativa (così come l’eventuale esistenza di franchigie o di altre clausole contrattuali limitative della copertura) rappresenta un elemento che la Corte dei Conti è chiamata a valutare, in applicazione del già ricordato “potere riduttivo”, per la determinazione del danno erariale “indiretto” da porre a carico del funzionario convenuto in giudizio[23].

11. Sotto altro profilo, la disciplina del nuovo codice sui requisiti di carattere generale per la partecipazione alle procedure selettive (artt. 94-98), al pari di quella previgente (art. 80 del d.lgs. n. 50/2016), non ha introdotto previsioni specificamente riferite alla possibilità, o meno, di disporre l’esclusione degli operatori economici in presenza di ipotesi di responsabilità amministrativa dei medesimi.

Al riguardo, occorre premettere che anche i privati (così come gli amministratori e i funzionari pubblici) possono essere soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità amministrativa (prevista dall’art. 54 del r.d. n. 1214/1934 per i danni arrecati all’Erario nell’esercizio di attività pubblicistiche) nonché di responsabilità contabile (stabilita dall’art. 74 del r.d. n. 2440/1923 in capo agli agenti contabili per il maneggio di denaro pubblico).

Infatti, tra l’amministrazione e il privato si configura un rapporto di servizio – idoneo a radicare la giurisdizione del giudice contabile – ogniqualvolta lo stesso privato sia incaricato di svolgere, con risorse pubbliche e nell’interesse dell’amministrazione, un’attività o un servizio pubblico[24].

Il nuovo codice dei contratti pubblici, pur senza soffermarsi espressamente sulle ipotesi di responsabilità amministrativa ai fini dell’individuazione delle cause di esclusione degli operatori economici privati dalle procedure selettive, ha in concreto adottato una soluzione differente rispetto al codice previgente (d.lgs. n. 50/2016).

Quest’ultimo, infatti, disponeva l’esclusione dalle gare dell’operatore che si fosse reso responsabile, rispettivamente, di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (art. 80, comma 5, lett. c), nonché di “significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili” (art. 80, comma 5, lett. c-ter).

Dette norme del codice previgente, sebbene non indicassero le sentenze rese dalla Corte dei Conti all’esito dei giudizi di responsabilità e di conto quali fattispecie rilevanti ai fini della valutazione dell’integrità e affidabilità del concorrente, non individuavano ipotesi di carattere tassativo, né specificavano le peculiari situazioni e condotte comportanti l’estromissione dalla gara, rimettendo ogni determinazione in materia alla valutazione ampiamente discrezionale della stazione appaltante, da effettuare caso per caso[25].

La precedente normativa finiva quindi per dare adito a inevitabili incertezze applicative, in ragione del fatto che la responsabilità amministrativa e contabile è subordinata al previo accertamento della sussistenza di condotte dolose o gravemente colpose (v. art. 1, legge n. 20/1994), come tali suscettibili di essere ricomprese, in linea di principio, nell’ambito delle nozioni di grave illecito professionale e/o di significative carenze nell’esecuzione di precedenti contratti/concessioni.

Siffatte incertezze si riverberavano sul contenuto delle dichiarazioni che (ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016) il concorrente era tenuto a fornire all’amministrazione, al momento della propria partecipazione alla gara, per offrire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli era stata contestata una condotta contra legem o, comunque, si era verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti[26]. Di conseguenza, stante il carattere sostanzialmente “aperto” delle fattispecie escludenti previste dal d.lgs. n. 50/2016, le sentenze di condanna emanate all’esito dei giudizi di responsabilità amministrativa o contabile potevano rientrare, in linea di principio, nel novero delle informazioni sulla vita professionale dell’operatore potenzialmente rilevanti, oggetto della doverosa comunicazione all’ente pubblico[27].

L’art. 95 del nuovo codice dei contratti pubblici ha invece previsto (al comma 1, lett. e), tra le cause di esclusione non automatica (ossia demandata a una previa verifica istruttoria dell’amministrazione), l’ipotesi in cui “l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati“; nel contempo, l’art. 95 ha precisato che “all’articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi“.

A sua volta, il comma 3 dell’art. 98 reca (alle lett. a-h) una puntuale enunciazione delle circostanze dalle quali può desumersi la sussistenza dei suddetti illeciti professionali, senza contenere alcun riferimento alle ipotesi di responsabilità amministrativa o contabile[28]. Di conseguenza, per effetto dell’entrata in vigore della nuova disciplina codicistica, le eventuali sentenze di condanna emanate dalla Corte dei Conti a carico degli operatori economici non devono essere dichiarate alla stazione appaltante o all’ente concedente e non possono comportare l’esclusione dei medesimi operatori dalle gare.

In ordine a questo aspetto, il nuovo codice ha quindi inteso discostarsi in maniera significativa da quello previgente[29]. Ciò trova conferma nella già menzionata relazione illustrativa del Consiglio di Stato, laddove viene puntualizzato che l’art. 98 del nuovo codice “enumera e descrive le fattispecie rilevanti” ai fini dell’esclusione non automatica e che “la linea seguita è stata quella di elencare le fattispecie che possono condurre alla adozione di una deliberazione motivata di esclusione («non automatica» per quanto indicato nell’art. 95, comma 1, lett. e) dell’operatore economico, eliminando gli elementi di incertezza che hanno comportato un contenzioso imponente in materia[30].

La soluzione adottata dal nuovo codice, pur potendo dare adito a perplessità per il mancato inserimento delle ipotesi di responsabilità amministrativa (quantomeno dolosa) tra le cause di esclusione, ha  introdotto un importante ed opportuno elemento di novità, consentendo di superare un profilo di criticità emerso nel vigore del precedente codice e contribuendo ad agevolare l’operato sia delle imprese (ai fini degli adempimenti informativi per la partecipazione alle gare) sia delle stazioni appaltanti (in sede di individuazione e valutazione delle cause di esclusione non automatica dei concorrenti).


[1] Tra i primi commenti al nuovo codice dei contratti, v. R. Garofoli e G. Ferrari (a cura di), Manuale dei contratti pubblici alla luce del Nuovo Codice, 2023, nonché i seguenti articoli, tutti pubblicati nel 2023 sul sito internet www.giustizia-amministrativa.it: L. Carbone, La scommessa del “codice dei contratti pubblici” e il suo futuro; F. Caringella, Il nuovo Codice dei contratti pubblici: riforma o rivoluzione?; G. Montedoro, La funzione nomofilattica e ordinante e i principi ispiratori del nuovo codice dei contratti pubblici;  C. Volpe, Il nuovo codice dei contratti pubblici: dall’emergenza del modello Genova a nuove procedure di ordinaria efficienza per la competitività del mercato.

[2] In merito a questo profilo, cfr. F. Cintioli, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti, 2023, pubblicato sul sito www.giustizia-amministrativa.it.

[3] Pubblicata su www.giustizia-amministrativa.it.

[4] Sull’argomento, v. anche G. Tulumello, il diritto dei contratti pubblici fra regole di validità e regole di responsabilità: affidamento, buona fede, risultato, 2023 (in www.giustizia-amministrativa.it).

[5] Anche la giurisprudenza amministrativa ha escluso, nell’ambito dei giudizi risarcitori a carico della P.A. per l’attività provvedimentale illegittima, la sussistenza dell’elemento colposo in presenza di un quadro normativo incerto e/o di contrastanti orientamenti giurisprudenziali: v., tra le altre, le sentenze (pubblicate su www.giustizia-amministrativa.it) Cons. Stato, Sez. VI, 24/10/2022, n. 9039; Sez. III, 2/4/2021, n. 2748; Sez. IV, 18/10/2019, n. 7082; Sez. III, 11/9/2019, n. 6138.

[6] P. Malanetto in R. Garofoli e G. Ferrari (a cura di), Manuale dei contratti pubblici, cit., pag. 23.

[7] L’indirizzo giurisprudenziale è ormai da tempo consolidato: Corte Cost., 23/3/1983, n. 72 (su www.cortecostituzionale.it) e, tra le sentenze della Corte dei Conti, Sez. II Centrale, 25/5/2020, n. 138 e Sez. I Centrale, 12/9/2019, n. 188 (su www.corteconti.it).

[8] Pubblicato su www.corteconti.it.

[9] Nello stesso contributo della Corte dei Conti viene poi precisato quanto segue: la giurisprudenza contabile ha aderito “in un primo momento a un modello più penalistico (per il quale è grave la condotta connotata dalla prevedibilità dell’evento dannoso e da un comportamento improntato alla massima negligenza e imprudenza) o, in seguito, a un modello permeato più su quello civilistico (facente riferimento alla violazione dei doveri di comportamento che anche il tipo umano medio intende tali). La difficoltà a individuare criteri generali e astratti univoci per definire la colpa grave e differenziarla da quella lieve dipende dalla sua assoluta relatività: la gravità o meno di una condotta non può mai prescindere, infatti, dalla considerazione di una molteplicità di elementi, soggettivi ed oggettivi, desumibili, volta per volta, dal caso concreto“.

[10] P. Malanetto in R. Garofoli e G. Ferrari (a cura di), Manuale dei contratti pubblici, cit., pag. 22, osserva che “mentre la diligenza attesa dal dipendente pubblico viene tarata [dall’art. 2 del nuovo codice] sulle specifiche competenze e in relazione al caso concreto (si potrebbe ipotizzare la figura del dipendente «sufficientemente avveduto»), per il successivo art. 5 l’affidamento dei concorrenti è tutelabile” soltanto se rispondente alla “diligenza professionale richiesta ai concorrenti“, ossia a “un parametro che l’ordinamento civile considera aggravato rispetto alla diligenza media. L’asimmetria, pur in un contesto di reciprocità, è una onesta fotografia della realtà dove operatori di mercato particolarmente attrezzati si confrontano spesso con Amministrazioni generaliste, non necessariamente in posizione di parità di qualificazione“.

[11] Cfr. F. Muccio, Recenti approdi su potere riduttivo ed elemento soggettivo dell’illecito, in www.rivistacorteconti.it (n. 6/2021).

[12] Il termine finale del periodo transitorio, originariamente fissato al 31/7/2021 (dal decreto legge n. 76/2020), è stato differito, in un primo tempo, al 31/12/2021 (con la legge n. 120/2020 di conversione di detto decreto), successivamente al 30/6/2023 (con il decreto legge n. 77/2021, convertito in legge n. 108/2021) e, da ultimo, al 30/6/2024 (con la legge n. 74/2023 di conversione del d.l. n. 44/2023), “nelle more di una complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativo-contabile“.

[13] Lo “scudo erariale”, laddove esclude la responsabilità amministrativa a titolo di colpa grave (con la sola eccezione delle condotte omissive), ha formato oggetto di forti critiche, segnatamente da parte della magistratura contabile. Nel “Contributo scritto su atto Governo n. 19 – codice dei contratti pubblici” redatto dalla Corte dei Conti nel febbraio 2023, con riferimento allo “scudo erariale” previsto dall’art. 21 del d.l. n. 76/2020 si afferma quanto segue: “Una soluzione legislativa che […] appare priva di fondamento logico giuridico, per una molteplicità di ragioni di seguito sintetizzate, e che sarebbe risultata ancora meno fondata laddove traslata nell’ambito di una disciplina generale quale è quella del codice dei contratti pubblici.  In primo luogo appare utile evidenziare il contrasto tra la attenuazione del regime della responsabilità contabile introdotta dalla disciplina emergenziale appena richiamata e il quadro normativo euro-unitario istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d. «recovery plan») (Reg. 2021/241). […] Ma la limitazione della responsabilità erariale alle fattispecie dolose risulta anche connotata da evidenti profili di illegittimità costituzionale. Al riguardo occorre richiamare l’orientamento della Corte costituzionale formatosi a partire dalla introduzione della responsabilità per sola colpa grave (cfr. C. Cost. n. 37/1998, confermata, fra le altre, da C. Cost. n. 340/2001). La suprema Corte ha sostenuto, infatti, che quella limitazione corrisponde ad un corretto equilibrio fra quanto del rischio dell’attività amministrativa deve restare a carico dell’apparato e quanto a carico del funzionario“.

[14] Su tale documento, v. anche la nota precedente.

[15] La responsabilità civile dei dipendenti pubblici è limitata ai casi di dolo o colpa grave (v. artt. 22-23, d.P.R. n. 3/1957), al pari di quella amministrativa (art. 1, legge n. 20/1994).

[16] Tale sentenza è reperibile sul sito www.cortecostituzionale.it. Cfr. anche il menzionato “contributo scritto” predisposto dalla Corte dei Conti nel febbraio 2023: “il «rischio giudiziario» permane in ogni caso con l’esclusione della responsabilità per colpa grave, restando aperta la strada dell’azione civile che, a quel punto, dovrebbe essere esercitata in via ordinaria dai vertici amministrativi [dall’ente pubblico], potendo configurarsi, nei confronti degli stessi, un’ipotesi di responsabilità omissiva colposa «di risulta»; con la conseguenza di sottrarre al giudizio erariale vicende che invece troverebbero, in detta sede, una composizione più attenta e mirata grazie a istituti sconosciuti al giudice ordinario e più «favorevoli» al funzionario pubblico, quali: l’insindacabilità dei comportamenti connaturati da colpa lieve; l’uso del potere riduttivo per i fatti non dolosi; l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali; l’applicazione della compensatio lucri cum damno, in termini più ampi di quelli concessi al giudice ordinario; la riduzione del danno per l’apporto causale di soggetti non evocati in giudizio; l’applicazione dei benefici del rito monitorio e del rito abbreviato; la non trasmissione agli eredi se non in caso di riscontrato arricchimento; il più breve regime della prescrizione“.

[17] L’art. 21 del decreto legge n. 76/2020 precisa che la limitazione della responsabilità colposa riguarda unicamente “l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20“, soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti.

[18] Cfr. M.T. D’Urso, La riforma del dolo nei giudizi di responsabilità dopo il d.l. n. 76/2020 (c.d. “Decreto semplificazioni“), convertito dalla legge n. 120/2020, pubblicato su www.rivistacorteconti.it (n. 2/2021); V. Tenore (a cura di), La nuova Corte dei Conti, 2022, pagg. 576 ss.

[19] Ai sensi dell’art. 45, comma 7, lett. c) del nuovo codice, una parte delle risorse relative alle attività tecniche è destinata alla “copertura degli oneri di assicurazione obbligatoria del personale“.

[20] In precedenza, erano considerate fonte di danno erariale le spese sostenute dall’amministrazione per la copertura assicurativa dei propri dipendenti in assenza di un’apposita norma autorizzativa dei medesimi esborsi: v. Corte Conti, Sez. Toscana, 12/10/2017, n. 243 (su www.corteconti.it), che richiama Sez. Riun., 5/4/1991, n. 707.

[21] Si veda anche il già citato contributo predisposto dalla Corte dei Conti nel febbraio 2023: la previsione di una copertura assicurativa risulta “coerente con il corretto mantenimento di una piena responsabilità per colpa grave, dovendosi diversamente ipotizzare, quale possibile, la copertura assicurativa di fattispecie di dolo, circostanza quest’ultima da escludersi, invece, con ogni evidenza“.

[22] Analoga disposizione era contenuta nell’art. 32, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 (come modificato dal d.l. n. 76/2020, convertito in legge n. 120/2020).

[23] Corte Conti, Sez. I Centrale, 12/5/2023, n.  198: “il Collegio ritiene applicabile un’ulteriore riduzione dell’addebito rispetto a quanto già statuito ed argomentato dal Giudice di prime cure, dovendo, comunque, valutarsi […] la mancata predisposizione, da parte dell’azienda sanitaria di una copertura assicurativa” in violazione di uno specifico obbligo di legge per il settore sanitario; Corte Conti, Sez. Lombardia, 2/8/2022, n. 213, sottolinea la possibilità di considerare (nell’esercizio del “potere riduttivo”, ai fini della determinazione dell’ammontare risarcitorio da porre a carico dei funzionari) la “presenza o meno di franchigie di mutevole importo” per le coperture assicurative degli enti pubblici; tali sentenze sono pubblicate sul sito www.corteconti.it.

[24] Ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile, assume carattere dirimente non già la qualificazione pubblica del soggetto ritenuto responsabile del pregiudizio erariale, bensì la natura pubblicistica del patrimonio danneggiato e delle finalità perseguite con la condotta contestata in giudizio. Di conseguenza, qualora un privato incida negativamente sul programma affidato al medesimo dall’amministrazione e determini uno sviamento dalle finalità di interesse pubblico, si concretizza un danno erariale e la connessa responsabilità amministrativa e/o contabile a carico di tale privato; sul punto, la giurisprudenza è pacifica: cfr., tra le altre, Cass. Civ., Sez. Un., 1°/2/2021, n. 2157; 7/1/2020, n. 111 e 16/5/2019, n. 13245 (tutte reperibili su www.italgiure.it). Detto orientamento viene condiviso dalla Corte dei Conti: v. Sez. II Centrale 10/11/2017, n. 836; Sez. Piemonte, 18/1/2023, n. 6; Sez. Umbria, 4/1/2023, n. 1; Sez. Calabria, 16/3/2021, n. 105 (su www.corteconti.it). In dottrina, cfr. P. Marino, Rapporto di servizio e responsabilità amministrativa (pubblicato su www.diritto.it il 25/5/2023).

[25] Le sopra menzionate disposizioni dell’art. 80, d.lgs. n. 50/2016  erano state esplicitate ed integrate dalle Linee Guida n. 6 approvate dall’ANAC nel novembre 2016 (su www.anticorruzione.it), che avevano fornito anch’esse una – seppur ampliata e più approfondita – definizione delle cause di esclusione (di carattere generale e resa in via esemplificativa), la quale ricomprendeva, tra l’altro, i “comportamenti in qualsiasi modo finalizzati al soddisfacimento illecito di interessi personali in danno dell’amministrazione aggiudicatrice” e le “altre situazioni idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico“. Peraltro, come rilevato da D. De Grazia in R. Garofoli e G. Ferrari (a cura di), Manuale dei contratti pubblici, cit., pag. 455, “la stessa ANAC, con la segnalazione n. 2 del 27 luglio 2022, aveva evidenziato l’eccessiva indeterminatezza delle ipotesi di grave illecito professionale e l’elevata discrezionalità attribuita alle stazioni appaltanti nelle relative valutazioni“.

[26] In tal senso, v. Cons. Stato, Sez. V, 24/1/2019, n. 591; Sez. V, 24/1/2019, n. 586; Sez. V, 3/1/2019, n. 72; Sez. III, 27/12/2018, n. 7231 (su www.giustizia-amministrativa.it).

[27] L’ANAC aveva precisato – nelle già richiamate Linee Guida n. 6 – che la dichiarazione sostitutiva del concorrente doveva avere “ad oggetto tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente …“, essendo demandato “in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla rilevanza in concreto dei comportamenti accertati ai fini dell’esclusione“.

[28] Cfr. D. De Grazia in R. Garofoli e G. Ferrari (a cura di), Manuale dei contratti pubblici, cit., pag. 453: “L’articolo in esame attua i principi e i criteri di cui all’art. 1, co. 2, lett. n) della legge delega n. 78 del 2022, che, per quanto qui interessa, chiedeva al legislatore delegato di individuare le fattispecie configuranti l’illecito professionale di cui all’art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE“.

[29] D. De Grazia in R. Garofoli e G. Ferrari (a cura di), Manuale dei contratti pubblici, cit., pagg. 455-456, nota 559, sottolinea che, “proprio al fine di rendere le regole di partecipazione più chiare e di evitare di dare rilevanza a fattispecie non previamente tipizzate, in sede di approvazione definitiva del Codice il Consiglio dei Ministri ha deciso di espungere dall’elenco degli elementi rilevanti la lettera i), che conteneva una fattispecie di chiusura, prevedendo che l’esclusione per grave illecito professionale potesse comunque essere disposta in presenza di condotte dell’operatore economico diverse da quelle menzionate nelle lettere precedenti“.

[30] Nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato sul nuovo codice (al paragrafo concernente gli artt. 94-98) viene precisato che “la disposizione di cui all’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 è stata quella su cui si è concentrata la maggior parte del contenzioso in materia di contratti pubblici“.

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