di Annamaria Bonomo, Professore Associato di Diritto Amministrativo all’Università degli Studi di Bari
Abstract.
Le recenti revisioni della Carta costituzionale in tema di ambiente hanno codificato l’ingresso di un ‘nuovo’ bene meritevole di protezione che i pubblici poteri sono chiamati a bilanciare con gli altri interessi di rango costituzionale preesistenti. Nell’assenza di una predefinita gerarchia tra gli interessi la composizione è affidata alla tecnica del bilanciamento.
1. Premessa. – 2. La tutela del clima entra in Costituzione? – 3. L’interesse alla neutralità climatica nella valutazione comparativa degli interessi. – 4. L’urgenza “esistenziale” delle azioni di contrasto al cambiamento climatico.
1. Premessa.
Il riconoscimento dell’ambiente come valore di rilievo costituzionale rappresenta un assunto consolidato. E’ appena il caso di ricordare, infatti, che nel nostro ordinamento, nonostante l’assenza di riferimenti esplicitinel testo originario della Costituzione del 1947, e la comparsa della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” con la riforma del 2001 solo come materia da attribuire in via esclusiva alla competenza della legislazione statale, il riconoscimento costituzionale dell’ambiente si deve all’elaborazione compiuta dalla giurisprudenza della Corte costituzionale sulla base del combinato disposto degli articoli 9 e 32 della Costituzione[1]. La Corte, nella sua ormai pluridecennale giurisprudenza ha riempito di contenuti la nozione di ambiente, giungendo a conferirgli una rilevanza costituzionale di fatto[2], a qualificarlo come “valore costituzionale primario” (o “fondamentale”)[3], senza tuttavia mai tradurre tale primarietà in una posizione di superiorità gerarchica rispetto agli altri valori da essa ritenuti meritevoli di tutela[4].
Le difficoltà definitorie derivanti dalla copiosa elaborazione pretoria del concetto di ambiente del nostro ordinamento e che hanno a lungo generato accesi dibattiti in dottrina[5], dovrebbero essere state finalmente superate dalle modifiche introdotte dalla legge di revisione costituzionale n.1/2022, che appaiono davvero interessanti ai fini della nostra analisi per il carattere potenzialmente innovativo dei contenuti introdotti.
Esulando dal perimetro del presente lavoro un approfondimento delle modifiche agli artt. 9 e 41 Cost. su cui esiste una ampia letteratura alla quale si rinvia[6], ci si limiterà ad osservare le novità intervenute per verificare se ci siano elementi che consentano di riconoscere nel nuovo impianto costituzionale una tutela più ampia a favore dell’interesse ambientale, anche nella sua nuova declinazione ‘climaticamente orientata’. Se, in altri termini, le modifiche in esame, abbiano introdotto un’innovazione significativa che valorizzi non solo in termini di contenuti, ma anche di posizione nella gerarchia degli interessi, la nozione di ambiente che emergeva dal precedente diritto costituzionale di matrice giurisprudenziale[7].
Ai fini dell’analisi in discorso, è opportuno soffermarsi su due aspetti. In primo luogo, verificare se la nuova nozione di ambiente elaborata nella legge costituzionale accolga nella sua ampia cornice anche la tutela del clima e dunque l’interesse alla neutralità climatica possa configurarsi come un bene di valore costituzionale. In caso di riposta positiva e dunque acquisita la sua collocazione accanto agli altri beni o interessi di rango costituzionale, occorrerà in secondo luogo verificare quale “peso” esso assuma tale interesse nel bilanciamento con gli altri interessi analogamente tutelati a livello costituzionale.
2. La tutela del clima entra in Costituzione?
Dal punto di vista del contenutodella tutela, nelle modifiche costituzionali del 2022 non è presente alcun espresso riferimento al cambiamento climatico. Tuttavia, l’accoglimento da parte del legislatore costituente di una concezione estesa, multidimensionale e mutevole di ambiente che, come tale, si presta a comprendere “oggetti” plurimi e diversi, consente di non fermarsi alla mera omissione letterale per escluderne l’ammissione tra i valori costituzionali. Invero, il nuovo testo dell’art. 9 Cost. ha esteso il novero dei beni destinatari di protezione. Accanto al riferimento esplicito all’ambiente come oggetto unitario e onnicomprensivo, e lasciando inalterato il tradizionale riferimento al “paesaggio” adesso quindi esplicitamente distinto dall’ambiente[8], fanno la loro comparsa anche i termini “biodiversità”, “ecosistemi”[9] e “generazioni future”[10]. Si tratta di concetti per lo più già consolidati[11], che il legislatore costituzionale volontariamente non cataloga come diritti, interessi o altra categoria di bene[12], solo apparentemente sovrapponibili[13], ma che definiscono, invece, ognuno un settore di tutela specifico che potrebbe arricchire o modificare il significato costituzionale di tutela dell’ambiente, ovvero contrapporre un ambito differenziato di tutela[14].
Se la revisione dell’art. 9 Cost., in un’ottica ricognitiva, riflette un orientamento da tempo espresso dal diritto vivente, che già riconosceva la tutela dell’ambiente come principio costituzionalmente protetto[15], l’affermazione della dignità costituzionale di differenziati beni ambientali assume interesse anche ai fini della possibile configurazione costituzionale dell’interesse alla neutralità climatica. Si può, infatti, osservare come dalla lettura combinata degli ultimi due lemmi del terzo comma dell’art. 9 Cost., ovvero le locuzioni “ecosistemi” e “generazioni future”, possa dedursi il riferimento alla dimensione climatica, che si fonda proprio sulla relazione dinamica tra questi due ambiti di tutela[16]. La menzione in Costituzione degli ecosistemi come bene che la Repubblica deve tutelare non solo introduce e codifica una concezione ecocentrica dell’ambiente, riconoscendo gli interessi naturali come destinatari di protezione indipendentemente da quelli umani, ma il suo accostamento alle generazioni future evidenzia l’attenzione e la pretesa che l’ambiente sia protetto non solo per il presente, ma anche per evitare i danni irrimediabili che potrebbero provocarsi nel futuro. Nel bilanciamento che il legislatore, le amministrazioni, i giudici devono compiere entra quindi un nuovo valore costituzionale, che impone di guardare al futuro, agli interessi di soggetti non ancora nati, ma di cui i pubblici poteri sono chiamati ad occuparsi oggi[17]. Il binomio “ecosistemi” e “interessi delle generazioni future” ha fatto emergere a livello costituzionale la stretta relazione che esiste tra la protezione degli ecosistemi, intesi come l’insieme dei fattori biotici e abiotici che interagiscono in un determinato ambiente,e la considerazione degli effetti dannosi, dei cambiamenti pregiudizievoli, che potrebbero generarsi in futuro di cui va assicurata in via preventiva la tutela.
L’accostamento nello stesso articolo della dimensione intergenerazionale con la protezione degli ecosistemi ha di fatto legittimato il riconoscimento sul piano interno dell’obbligazione climatica, che si traduce in impegno concreto di tutela in capo ai pubblici poteri. Nel momento in cui si afferma che la Repubblica deve garantire l’integrità degli ecosistemi e al contempo non deve permettere che si cagionino danni alle generazioni che verranno, si è consentito al cambiamento climatico di entrare in Costituzione.
In base a questa ricostruzione sembrano porsi le condizioni per individuare attraverso l’art. 9 Cost. il riconoscimento di un ’nuovo dovere costituzionale intergenerazionale di tutela del clima’[18], strettamente connesso al dovere di solidarietà sancito dalla stessa Costituzione sin dalla sua fondazione[19], come tale potenzialmente idoneo ad imporre al legislatore (in primis) e alle amministrazioni (nella fase attuativa) l’adozione di azioni finalizzate a contrastare il cambiamento climatico[20].
Il compito di tutelare il clima come dovere che sorge in una prospettiva intergenerazionale, si configura come una funzione propria delle istituzioni pubbliche, in base alla formale intestazione dell’art. 9 Cost.[21] e, dunque, assume una connotazione pubblicistica. Si tratta di un approccio, quello del dovere intergenerazionale, non sconosciuto al nostro ordinamento[22] e ampiamente contenuto nel concetto dello sviluppo sostenibile[23], che con riferimento alle questioni ambientali è destinato ad incidere sui futuri bilanciamenti, legislativi e giurisprudenziali[24], e sta già acquisendo un rilievo davvero significativo nelle politiche pubbliche più recenti[25].
3. L’interesse alla neutralità climatica nella valutazione comparativa degli interessi
Passando al secondo profilo di riflessione, ovvero al rapporto del nuovo valore costituzionale dell’ambiente, declinato come interesse alla neutralità climatica, con gli altri interessi costituzionalmente protetti, quello che interessa osservare è se, grazie alla legge di revisione, possa desumersi l’accoglimento nel nostro ordinamento di una gerarchia tra valori costituzionalmente tutelati che consenta di assegnare prevalenza all’interesse alla neutralità climatica.
Osservando gli artt. 9 e 41 Cost. oggetto di modifica, le due disposizioni, come noto, considerano l’ambiente sotto profili diversi.
Se con la previsione nell’art. 9 Cost., la tutela dell’ambiente (e della biodiversità, degli ecosistemi e delle future generazioni) viene riconosciuta come obiettivo vincolante che i pubblici poteri devono perseguire, ma senza indicarne le modalità di realizzazione, l’art. 41 Cost., forte del primato assegnato dall’art. 9 Cost., ne costituzionalizza il rapporto rispetto alle attività economiche.
Il secondo comma dell’art. 41 Cost., ampliando lo spettro dei limiti apponibili alla libertà di iniziativa economica privata, stabilisce che i privati oltre all’utilità sociale non possano arrecare “danno all’ambiente” (nonché alla salute, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana). La norma pone in capo ai privati un vincolo ‘negativo’, ovvero il dovere di non danneggiare l’ambiente nell’esercizio delle proprie attività economiche, così conferendo una connotazione solidaristica della libertà di impresa, dove i privati insieme ai pubblici poteri sono chiamati alla tutela dell’ambiente[26]. Nonostante l’apprezzabile inserimento dell’ambiente nella costituzione economica, la logica del secondo comma è ancora molto vicina a quella della green economy, che ha a lungo caratterizzato i rapporti tra ambiente e sviluppo nel sistema europeo ed interno, dove l’interesse alla tutela dell’ambiente continua a porsi come una variabile che gli operatori economici devono considerare, ma non assume un peso prevalente rispetto agli interessi da salvaguardare nello svolgimento della loro attività economica[27].
Più interessante ai nostri fini il terzo comma, con il quale si introduce la possibilità del legislatore di porre un vincolo positivo all’attività economica pubblica e privata, indirizzandola “ai fini sociali e ambientali”[28]. L’art. 41, terzo comma è la norma che definisce l’intervento pubblico nelle attività economiche nel nostro ordinamento, il cuore della costituzione economica. L’aver riconosciuto in capo ai pubblici poteri, al legislatore in particolare, il compito, costituzionalmente doveroso[29], di orientare l’attività economica non solo a fini sociali, ma anche ambientali, rappresenta una svolta importante nell’annosa relazione conflittuale tra ambiente e sviluppo economico che avvicina la nostra Costituzione al modello di intervento pubblico nell’ambiente introdotto in Europa dal Green Deal[30].
L’inserimento nel testo dell’articolo sulla costituzione economica, di un vincolo pubblicistico alle attività economiche per il perseguimento di obiettivi ambientali assume interesse ai fini dell’analisi in discorso, in particolare per due aspetti.
Il primo elemento di rilievo è la costituzionalizzazione del ritorno dello stato nell’attività economica, il secondo attiene al rafforzamento della tutela dell’ambiente come obiettivo costituzionalmente tutelato nel bilanciamento.
La nuova versione dell’art. 41, terzo comma, grazie al suo riferimento ai fini ambientali conferisce nuova linfa, una sorta di nuova legittimazione ad una modalità di intervento da parte dei pubblici poteri che, da più parti, si era ritenuta superata alla luce del processo di integrazione europea e di integrazione dei mercati[31]. Il ruolo dei pubblici poteri complessivamente intesi (legislatore, Corte costituzionale, pubbliche amministrazioni[32]) che in campo ambientale era stato soprattutto di tipo difensivo, cautelare, diventa attivo, propositivo, di indirizzo nella finalizzazione delle attività economiche agli obiettivi di tutela ambientale.
Il nuovo approccio del rapporto tra tutela dell’ambiente e attività economiche appare significativo perché, pur non configurando alcun mandato vincolante per il titolare del potere legislativo di conformare le attività economiche alla preservazione del clima, ma solo una mera facoltà[33], tuttavia fornisce ai soggetti pubblici, sulla base di un compito affidato da una norma costituzionale esplicita, gli strumenti per fondare e imporre giuridicamente una determinata scelta ‘climaticamente orientata’. E dunque, rispetto al passato, il rapporto tra interesse all‘ambiente (o neutralità climatica) ed attività economiche è decisamente cambiato[34].
La seconda conseguenza risiede nel possibile condizionamento che il riconoscimento di un “potere di finalizzazione delle politiche pubbliche alla tutela ambientale” possa esercitare nei procedimenti decisionali dei soggetti pubblici laddove dovranno operare un bilanciamento con gli altri interessi o beni tutelati che inevitabilmente entreranno in conflitto con “i fini ambientali”. In base alla legittimazione conferitagli dal comma 3 dell’art. 41 Cost., in cui è indicato il “fine ambientale” quale parametro per la programmazione dell’attività economica tanto pubblica quanto privata, i poteri pubblici sono chiamati ad effettuare un bilanciamento tra l’esigenza di tutela ambientale e quelle delle attività economiche.
Nel momento in cui l’acquisita dignità costituzionale dell’obiettivo di tutela ambientale non è stata accompagnata da un’espressa affermazione di una scala valoriale tra beni tutelati, né da una forma di gerarchia che assegni aprioristica prevalenza ad alcuni beni o interessi, vuol dire che l’assetto che emerge dal testo di revisione costituzionale rimette la valutazione al decisore pubblico, secondo il noto modello del bilanciamento tra interessi elaborato dalla Corte costituzionale[35].
4. L’urgenza “esistenziale” delle azioni di contrasto al cambiamento climatico
Se dunque il riconoscimento dell’intervento pubblico in materia ambientale sulla base dell’art. 41, terzo comma, non esime i soggetti pubblici dall’effettuare il bilanciamento del bene ambientale con gli altri beni tutelati dalla costituzione in possibile conflitto[36], la differenza sarà data dal tipo di interesse ambientale che viene rimesso alla valutazione del decisore pubblico.
Nell’ambito dell’ampio ombrello dell’interesse pubblico ambientale è possibile, infatti, individuare diverse tipologie di oggetti di tutela cui corrisponde un diverso peso nel bilanciamento che i soggetti pubblici dovranno effettuare. La valutazione sarà calibrata in base al più o meno grave rischio o pregiudizio che può arrecare la decisione pubblica all’interesse in questione, scegliendo di conferire una posizione di sovra ordinazione, di primarietà, ovvero di una “prioritaria considerazione” rispetto agli altri beni tutelati[37].
Secondo un’interessante ricostruzione, nel nuovo testo costituzionale sarebbero individuabili due diversi concetti giuridici di ambiente, a cui corrispondono due diversi significati costituzionali[38]. Accanto ad un concetto giuridico di ambiente in senso lato, nel quale rientrano un insieme di fattori di ordine non solo ecologico, ma anche sociale, culturale ed economico che devono essere bilanciati fra loro secondo una valutazione discrezionale di tipo politico amministrativo, si distingue un concetto giuridico di ambiente in senso stretto, definito oggi in particolare con i termini “ecosistemi” e “biodiversità”, che concerne i soli fattori di ordine ecologico e che non va costruito attraverso un bilanciamento[39].
Questa seconda concezione dell’ambiente, che attiene ad aspetti ecologici fondamentali, non negoziabili in quanto coinvolgono elementi la cui lesione inciderebbe sull’esistenza stessa della vita umana, si viene a porre su un piano gerarchicamente superiore a quello ambientale in senso lato. Accogliendo tale interpretazione, si verrebbe a delineare un ambito di tutela sottratto alla logica del bilanciamento tra interessi in ragione della indisponibilità a sacrificare quelli che possono definirsi “i fondamenti naturali della vita”[40]. In questa ipotesi, tuttavia, come evidenzia la tesi qui considerata, la valutazione comparativa da parte dei pubblici poteri non è esclusa a priori quando sono coinvolti interessi che rientrano nell’ambiente in senso stretto, ma dovrebbe essere opportunamente circoscritta ad una valutazione di discrezionalità tecnica, in ragione della necessità di confronto esclusivamente con i riferimenti dettati dalla scienza[41].
Alla luce di questa ricostruzione, occorrerebbe distinguere, pertanto, tra quei beni oggetto di tutela ambientale che sono deputati alla tutela della vita nella sua dimensione qualitativa ed espansiva, da quelli che invece attengano a condizioni di sopravvivenza della vita dell’uomo o del pianeta secondo la teoria dei Planet boundaries[42] e in questo secondo caso i soggetti pubblici dovrebbero risolvere il bilanciamento riconoscendo primazia a questi ultimi.
Per dirla diversamente, applicando questa ricostruzione alla tutela dell’interesse sotteso alle azioni di contrasto al cambiamento climatico, quando il bene ambientale da tutelare comporta rischi per la stessa sopravvivenza della specie umana, come quelli legati al cambiamento climatico, allora assume una dimensione “esistenziale”[43], non è più bilanciabile con nessun’altro tipo di bene anche se tutelato dalla Costituzione. In questo risiede la forza ‘rivoluzionaria’ dell’art. 41, terzo comma[44]: nell’attribuzione ai pubblici poteri della possibilità di conformare le attività economiche anche a scapito degli altri interessi, quando sono in gioco interessi, quali quello alla neutralità climatica, che possono comportare gravi danni per la specie umana[45]. E dunque, per quanto non sia possibile tracciare una gerarchia fra i beni tutelati dalla Costituzione, è indubbio che l’attività di ponderazione dei pubblici poteri non potrà non tener conto del maggior “peso”[46], quindi della prevalenza, che assume l’interesse ambientale quando coinvolge beni essenziali, quali la stessa sopravvivenza della specie umana sul pianeta[47]. Come è stato osservato “quando sono in gioco valori fondanti e incomprimibili, la ponderazione non è l’unica tecnica possibile di composizione dei conflitti: nulla impedisce, infatti, di istituire una gerarchia assiologica non necessariamente mobile, ma saldamente ancorata al maggior “peso” intrinseco dei valori esistenziali ed ecologici. Una scala di valori rigida, quantomeno nel suo nucleo normativo essenziale (dignità, salute, vita, ambiente), non risponderà, forse, ad ogni soggettiva esigenza di giustizia dei diversi interpreti, ma presenta almeno il vantaggio di dare certezza al diritto e prevedibilità alle decisioni dei giudici costituzionali”[48].
Guardando la riforma costituzionale in questa prospettiva, emerge come la questione non riguardi semplicemente l’aver introdotto l’ambiente come oggetto di tutela, ma l’aspetto più originale e di rilievo sia quello di aver dato ai pubblici poteri la possibilità, sempre attraverso l’irrinunciabile garanzia del previo bilanciamento degli interessi coinvolti, di tutelare quello che è l’obiettivo più importante del patto fondativo[49], ovvero la rimozione delle condizioni materiali che possono portare all’estinzione di ogni forma di vita[50], in cui rientra a pieno titolo la “minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici”[51].
[1]La sentenza più esemplificativa rimane quella Ilva, Corte cost. n. 85 del 2013. Sulle recenti modifiche costituzionali con riferimento a questo tema cfr. L. Cassetti, Salute e ambiente come limiti ‘prioritari’ alla libertà di iniziativa economica?, in Federalismi, 2021, 2 ss. Per una rassegna della giurisprudenza S. Grassi, Ambiente e Costituzione, in RQDA, 3/2017, 4 ss.;
[2] Sul punto si vedano B. Caravita, L. Cassetti, A. Morrone, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2016, 13 ss..
[3] M. Cecchetti, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Giuffrè, Milano, 2000. Tra le pronunce degli ultimi dieci anni si vedano Corte cost. nn. 7/2019, 206 e 113/2018, 260/2017, 210/2016, 246, 145 e 9/2013, 278/2012.
[4] Si vedano, ex plurimis, le notissime sentenze Corte cost. nn. 196/2004 e 85/2013.
[5] Sull’intenso dibattito della dottrina italiana sulla nozione di ambiente rinvia al par. 2 del capitolo 1, in particolare alle note 16 e 17.
[6]Tra gli ormai numerosi commenti apparsi dopo l’entrata in vigore della riforma, si vedano i contributi contenuti negli Atti del convegno Aidambiente del 22 gennaio 2022 “La riforma costituzionale in materia di tutela ambientale”, Editoriale Scientifica, Napoli, 2022; cfr. inoltre F. de Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost. nella legge costituzionale n. 1/2022: suggestioni a prima lettura, in Aperta Contrada, 2022, 1 ss.; M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 della Costituzione e il valore costituzionale dell’ambiente: tra rischi scongiurati, qualche virtuosità (anche) innovativa e molte lacune, in Forum Quad. Cost., 2021, 285 ss; P. Logroscino, Economia e ambiente nel “tempo della Costituzione”, in Federalismi, 2022, 86 ss.; G. Severini P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’articolo 9 della Costituzione, inGiustiziainsieme, 2021; M. Delsignore, A. Marra, M. Ramajoli, La riforma costituzionale e il nuovo volto del legislatore nella tutela dell’ambiente, in Riv. giur. amb., n. 1/2022, p. 1 ss.; F. Fracchia, L’ambiente nell’art. 9 della Costituzione: un approccio in ‘negativo’, in Dir. econ., n. 1/2022, p. 15 ss.; M. Monteduro, La tutela della vita come matrice ordinamentale della tutela dell’ambiente (in senso lato e in senso stretto), in RQDA, 1/ 2022, 423 ss.; M. Montedoro, Costituzione ed ambiente. Effetti sulla divisione dei poteri di una revisione costituzionale largamente condivisa, in Aperta Contrada, 2022; D. Porena, Anche nell’interesse delle generazioni future. Il problema dei rapporti intergenerazionali all’indomani della revisione dell’art. 9 della Costituzione, in Federalismi, 2022; G. Di Plinio, L’insostenibile evanescenza della costituzionalizzazione dell’ambiente, in Federalismi, 2021, 1 ss.;
[7] Una delle questioni che hanno sollevato maggiori divergenze è proprio quella della esigenza o meno di esplicitare un riferimento espresso all’ambiente in Costituzione in ragione della sua già acquisita rilevanza costituzionale nel diritto vivente. Cfr. L. Cassetti, Salute e ambiente come limiti ‘prioritari’ alla libertà di iniziativa economica?, in Federalismi, 2021, 6, che osserva come l’integrazione dei limiti dell’art. 41, c.2 Cost. si limiti a “fotografare l’esigenza ‘contingente’ di etichettare in modo vistoso con il marchio ‘green’ un sistema costituzionale che in verità da diversi decenni riconosce all’ambiente un ‘valore’ costituzionalmente protetto”. Cfr. anche in tal senso G. Di Plinio, L’insostenibile evanescenza della costituzionalizzazione, cit., 1 ss.
[8] Sul punto M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 della Costituzione, cit., 287; G. Montedoro, Il ruolo di Governo e Parlamento nell’elaborazione e nell’attuazione del PNRR, in giustiziaamministrativa.it, 2021, 28, che osserva che “La tutela dell’ambiente è la chiave universale – inserita nell’art. 9 Cost. – per fare prevalere, in un’inedita gerarchia, il valore ambientale su quello paesaggistico, con possibili vulnera alla memoria storica del Paese”.
[9] Si tratta, infatti, di nozioni talmente consolidate nel linguaggio giuridico-normativo da essere già frequentemente utilizzate nella prassi giurisprudenziale. Si veda sul punto M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 della Costituzione, cit., 300.
[10] L’art. 9 fa riferimento anche agli “animali”, ma non rileva ai fini dell’analisi in discorso.
[11] In particolare, dalla giurisprudenza costituzionale, tra le pronunce più recenti si vedano le sentenze nn. 113, 86, 21/2021, 117/2020 e 179/2019 (per il termine “ecosistemi”), nonché le sentenze nn. 177, 144, 141, 86, 74/2021 e 281, 134 e 106/2020 (per il termine “biodiversità”).
[12] Significativo che la riforma costituzionale non parli di “diritti” riferiti all’ambiente, dimostrando l’accoglimento di una scelta per un verso più pragmatica e meno enfatica rispetto alla prospettiva tradizionale legata al concetto di diritto come presupposto di effettività della tutela. In tal senso F. Fracchia, L’ambiente nell’art. 9 della Costituzione: un approccio in ‘negativo’, in Il Dir. dell’economia, 1/2022, 15 ss.129. Sul punto si veda M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 Cost., cit., 306, che osserva come “qualunque tentativo di affermare il riconoscimento di un diritto soggettivo fondamentale “all’ambiente” o “agli ecosistemi” o anche “all’equilibrio ecologico degli ecosistemi” si rivelerebbe poco più che una formula di stile, del tutto atecnica dal punto di vista giuridico, anzi sicuramente scorretta in un testo normativo e comunque assai poco efficace sul piano delle effettive garanzie di tutela ambientale”.
[13]Si veda M. Monteduro, La tutela della vita come matrice ordinamentale della tutela dell’ambiente, (in senso lato e in senso stretto), in RQDA, 1/ 2022, 423, 452, che avverte che “il dato linguistico non dovrebbe essere frettolosamente derubricato a un profilo meramente nominalistico, ancor più perché si è al cospetto di distinti significanti costituzionali, ai quali occorrerebbe far corrispondere, per quanto possibile, distinti significati costituzionali”.
[14] Sull’opportunità o meno della differenziazione dei tre oggetti di tutela nell’art. 9 non vi è unanimità in dottrina R. Bifulco, Primissime riflessioni intorno alla l. cost. 1/2022 in materia di tutela dell’ambiente, in Federalismi, 11/2022,5, ritiene la scomposizione inopportuna essendo l’ambiente in grado di comprendere le altre locuzioni. Analogamente G. Severini P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’articolo 9 della Costituzione, in Giustiziainsieme, 2021, ritengono l’aggiunta anche testuale “ inutile, perché ripetitiva di un precetto presente e incontestato e dunque produttiva di nessuna autentica utilità”; mentre secondo M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 Cost., cit., 300, si tratta di una differenziazione che “affonda inevitabilmente le proprie radici in una solida pratica giuridica (anche di livello internazionale e sovranazionale) che da tempo fa ampio uso di quei lemmi18, dall’altro, è certamente destinata a proiettarsi nei decenni a venire”;
[15]Sul processo di emersione dell’ambiente nella Carta costituzionale si veda F. de Leonardis, L’ambiente fra i principi fondamentali della Costituzione, in Federalismi, 3/2004;
[16]Tale interpretazione trova supporto anche sentenza del 24 marzo 2021 del Bundesverfassungsgericht tedesco, che si è pronunciato sulle disposizioni della Legge federale sul cambiamento climatico del 12 dicembre 2019 (Bundes-Klimaschutzgesetz – KSG), applicando proprio la clausola di «responsabilità nei confronti delle generazioni future» contenuta nell’art. 20a della Legge fondamentale, facendone derivare un obbligo in capo al legislatore ad orientare le proprie politiche in un’ottica di lungo periodo che fosse ad essa conforme, cfr. M. Carducci, Libertà “climaticamente” condizionate e governo del tempo nella sentenza del BVerfG del 24 marzo 2021, in LaCostituzione.info, 2021; M. Monteduro, La tutela della vita come matrice ordinamentale, cit., 425.; C. Gentile, Climate litigation ed extraterritorialità dei diritti, in Federalismi, 5/2023, 1 ss.
[17] Come osserva A. Morrone, L’«ambiente» nella Costituzione. Premesse di un nuovo «contratto sociale», in Atti del convegno Aidambiente del 22 gennaio 2022 “La riforma costituzionale in materia di tutela ambientale”, cit., 91, 117, si tratta dell’inserimento in Costituzione di un “principio etico, come prima altri, che per la prima volta riceve il crisma della codificazione costituzionale” ed inserisce un nuovo limite ai diritti, nonché la prescrizione di obblighi ragionevolmente proporzionati a questi obiettivi.
[18] Cfr. G. Montedoro, Costituzione e ambiente, cit., 2, che evidenzia il problema della c.d. “posterity provision” intendendosi per essa la previsione, nel testo costituzionale, di un vincolo al Legislatore di tipo sostanziale o procedurale, che imponga in ogni decisione, di tener conto dei diritti delle generazioni future con il possibile effetto che le leggi di incentivazione economica diventino potenzialmente scrutinabili alla luce dei diritti delle nuove generazioni.
[19] Sul principio di solidarietà come nuovo criterio di disciplina dei rapporti tra cittadini e amministrazioni, A. G. Orofino, La solidarietà in diritto amministrativo: da strumento di protezione dell’individuo a parametro di disciplina del rapporto, in Il diritto dell’economia, vol. 102, 2020, 571 ss.; Si veda anche M. Protto, Il rapporto amministrativo, Giuffré, Milano, 2008.
[20] Perché osserva M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 Cost., cit., 287, “il compito di assicurare una buona ed efficace tutela dell’ambiente, in prima battuta, non spetta al giudice (cui è fisiologicamente affidata la garanzia di effettività e di tutela in concreto dei diritti e delle situazioni soggettive), bensì ai legislatori e alle amministrazioni pubbliche”.
[21] Cfr. F. de Leonardis, La riforma “bilancio”, cit., 4, che evidenzia la portata rivoluzionaria dell’aver costituzionalizzato il principio dell’obbligo dei decisori politici di “guardare al futuro”.
[22] Principio già presente in alcune discipline di settore. Si vedano ad esempio il tema del pareggio di bilancio o della sostenibilità del debito pubblico (artt. 81 e 97 Cost.).
[23]Sul principio dello sviluppo sostenibile e l’interesse delle generazioni future R. Bifulco, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici della responsabilità intergenerazionale, Franco Angeli, Milano, 2008, passim. Sul diritto delle responsabilità intergenerazionali, basato sull’articolo 9 della Costituzione italiana e alimentato dall’urgenza di agire che deriva dai problemi ambientali come paradigma giuridico utile per fornire una risposta adeguata ai grandi problemi della modernità si veda recentemente F. Fracchia, Decider(ci) per la morte: interpretare il presente con il paradigma delle relazioni intergenerazionali nutrite di solidarietà, in Il diritto dell’economia, 2023, 11 ss.
[24] Si vedano le osservazioni di R. Bifulco, La legge costituzionale 1/2022: problemi e prospettive, in Atti del convegno Aidambiente, cit., 69, 82.
[25] Basti pensare ai programmi quali Next generation EU, PNRR, Green Deal o le tematiche dell’economia circolare per cogliere la centralità della prospettiva generazionale nelle politiche pubbliche italiane ed europee. Sulla teoria dei doveri intergenerazionali che emergono dalla revisione costituzionale si veda per tutti F. Fracchia, I doveri intergenerazionali. La prospettiva dell’amministrativista e l’esigenza di una teoria generale dei doveri intergenerazionali, in Dir. dell’economia, 2021, 55, 61 ss.
[26] Sul punto M. Ramajoli, Attività economiche, poteri pubblici e tutela dell’ambiente nel nuovo art. 41 Cost., in Atti Convegno Aidambiente 2022, cit., 168, 180; M. Benvenuti, La revisione dell’articolo 41, commi 2 e 3, della Costituzione, i suoi destinatari e i suoi interpreti, in Rivista Aic, 2/2023, 59 ss.
[27] f. de Leonardis, La riforma “bilancio”, cit., 12, secondo il quale il comma 2 dell’art. 41 Cost richiama espressamente il concetto della green economy, ossia di una produzione che debba avvenire nel rispetto dell’ambiente.
[28]L’art. 41, co. 3 Cost. come noto recita “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
[29] Come osserva M. Ramajoli, Attività economiche, poteri pubblici, cit., 178,“visto che il terzo comma dell’art. 41 Cost. non stabilisce che la legge “può” determinare, bensì che la legge “determina” programmi e controlli”. In senso contrario P. Logroscino, Economia e ambiente nel “tempo della Costituzione”, cit., 86 ss. secondo il quale “la legge di revisione non fornisce argomenti consistenti per sostenere che la previsione solo permissiva contenuta nel testo originario dell’art. 41, co. 3 sia stata trasformata in mandato vincolante per il legislatore. E pertanto le scelte sul se e quando andare in tale direzione (e in buona misura anche sul come) restano nella signoria degli organi di indirizzo politico, del Parlamento in primis.”
[30] Sul punto si veda M. Iannella, L’European Green Deal e la tutela costituzionale dell’ambiente, in Federalismi, 2022, 171 ss.
[31] Sul punto F. de Leonardis, Il diritto dell’economia circolare e l’art. 41 Cost., cit., 53 ss.; F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, Il Mulino, 2000, 11.
[32] Stante la affermata natura relativa della riserva di legge in materia, sono chiamate in causa tutte le pubbliche amministrazioni comprese quelle appartenenti alle autonomie territoriali.
[33] Il destinatario della disposizione costituzionale è infatti solo il legislatore dal momento che per i privati la disciplina può avere valenza solo indicativa (per es. linee guida con incentivazioni), non essendo costituzionalmente consentita la funzionalizzazione in senso tecnico a fini pubblicistici («sociali» e ora espressamente anche «ambientali») delle loro attività economiche. Così P. Logroscino, Economia e ambiente nel “tempo della Costituzione”, cit, 96, che aggiunge nt. 45 “L’art. 41, co. 3, del resto, non impone, ma facoltizza il legislatore a stendere reti regolative per indirizzare i diversi settori economici a fini (sociali) stabiliti “.
[34] Sul punto amplius E. Bruti liberati, Politiche di decarbonizzazione, costituzione economica europea e assetti di governance, in Dir. Pubblico, 2, 2021, 415, 419 ss.; A. Moliterni, Transizione ecologica, ordine economico e sistema amministrativo, in Riv. Dir. comparati, 2/2022, 395 ss.; F. de Leonardis, La transizione ecologica come modello di sviluppo di sistema: spunti sul ruolo delle amministrazioni, in Dir.Amm., 4/2021, 779 ss..
[35] Osserva P. Logroscino, Economia e ambiente nel “tempo della Costituzione”, cit., 94, utilizzando la metafora del pendolo per sottolineare l’oscillazione che caratterizza ogni opera di bilanciamento come tale incompatibile con qualsiasi gerarchizzazione rigida degli interessi, come la modifica costituzionale possa al più comportare una riduzione dei sacrifici che l’interesse ambientale può costituzionalmente tollerare ai fini della soddisfazione dell’interesse alla libera attività economica.
[36] Così M. Ramajoli, Attività economiche, poteri pubblici e tutela dell’ambiente nel nuovo art. 41 Cost., cit., 173 che ritiene il bilanciamento tra economia e ambiente, libertà di impresa e tutela ad un ambiente salubre, tra valori imprenditoriali e valori verdi indispensabile per poter modulare le decisioni sulla realtà concreta.
[37] Il riferimento è alla “prioritaria considerazione” su cui si basa l’art. 3 quater del d.lgs. 152 del 2006 che codifica l’inserimento esplicito nel nostro sistema del principio dello sviluppo sostenibile.
[38] Si tratta dell’approccio di M. Monteduro, La tutela della vita come matrice ordinamentale della tutela dell’ambiente, cit., 452 ss.; La distinzione tra “ambiente in senso lato” e “ambiente in senso stretto” era stata già prospettata da G. Rossi, La “materializzazione” dell’interesse ambientale, in G. Rossi (a cura di), Diritto dell’ambiente, Giappichelli, Torino, 2021, 11, 26 ss.
[39] Tale ricostruzione si pone in contrasto con la nota giurisprudenza della Corte consacrata nella sentenza ILVA dove invece la Corte volle precisare che nella Costituzione non ci sono interessi preminenti in modo assoluto sugli altri, neanche quelli definiti dalla stessa come “valori primari”, e non c’è quindi una “rigida gerarchia” tra diritti fondamentali (87/2013). Essi, invece, “si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile, pertanto, individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.”
[40] Sul punto, la Corte Suprema olandese nella nota sentenza Urgenda (sentenza del 20 dicembre 2019), in cui ha sancito, nell’ambito della causa promossa contro lo Stato olandese che ha portato alla condanna dello sato per inazione nei confronti della lotta al cambiamento climatico, come gli articoli 2 e 8 della CEDU, che sono appunto posti a tutela del “diritto alla vita” (articolo 2) e del “diritto al rispetto della vita privata e familiare” (articolo 8), trovino applicazione anche in relazione al problema globale relativo ai cambiamenti climatici. Tra i tanti commenti J. Spier, ‘The “Strongest” Climate Ruling Yet’: The Dutch Supreme Court’s Urgenda Judgment, in Netherlands International Law Review, 2020, 319 ss.; M. Carducci, La ricerca dei caratteri differenziali della “giustizia climatica”, in DPCE online, 2020, n. 2, 1345 ss.; P. de Vilchez, A. Savaresi, The Right to a Healthy Environment and Climate Litigation: A Game Changer? , in Yearbook of International Environmental Law, 2023, 1–18 ; T. Scovazzi, La corte condanna lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, in Riv. Giur. Amb., 2015, 305 ss.; Id, La decisione finale sul caso Urgenda, in Ivi, 2019, 419 ss.
[41] In tal senso M. Monteduro, Riflessioni sulla primazia ecologica’ nel moto del diritto europeo, (anche alla luce della riforma costituzionale in materia ambientale), in La riforma costituzionale in materia di tutela dell’ambiente, Atti del convegno Aidambiente del 22 gennaio 2022 “La riforma costituzionale in materia di tutela ambientale”, Editoriale Scientifica, Napoli, 2022, 221, 259 ss.
[42] Si tratta dei valori-soglia quantitativi che rappresentano, appunto, i “limiti planetari” da non superare, pena la destabilizzazione della biosfera secondo processi incontrollabili, di tipo non lineare, con esiti che risulterebbero estremamente pericolosi e probabilmente catastrofici per la specie umana. Sul punto si veda M. Monteduro, Le decisioni amministrative, cit., 20 ss.
[43] Sull’urgenza “esistenziale” della transizione ecologica cfr. B. Boschetti, Oltre l’art. 9 della Costituzione: un diritto (resiliente) per la transizione (ecologica), in DPCEonline, 2022, 1153 ss.
[44] F. de Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost. nella legge costituzionale n. 1/2022, cit., 11, che definisce l’art. 41 Cost comma 3, come “una vera e propria rivoluzione destinata a modificare la Costituzione economica del nostro Paese”.
[45]Id., il quale descrive questo interesse dirimente nel bilanciamento come “interesse ad evitare il collasso ecologico”, non bilanciabile con altri interessi, valori o diritti, perché ha ad oggetto il presupposto, la condizione di possibilità biofisica del bilanciamento giuridico, cit.,59 ss.
[46]M. Pennasilico, La “sostenibilità ambientale” nella dimensione civil-costituzionale, cit., 51, il quale che fa riferimento all’applicazione impropria della tecnica del bilanciamento equiponderale. Nelle parole dell’A. “Il vincolo ambientale, pur se dichiarato «valore primario e assoluto», è spesso disatteso quando si fanno prevalere, nell’opera di bilanciamento, altri interessi o diritti, che possono pretermettere la tutela ambientale. Persino la Corte costituzionale «ha dovuto – o forse ha voluto – piegare il capo di fronte all’intreccio perverso tra valori costituzionalmente tutti rilevanti», al punto che la sentenza n. 85 del 2013 «appare un manifesto di denegata giustizia costituzionale».
[47] Cfr. per questa distinzione M. Monteduro, Le decisioni amministrative, cit., 66 ss..
[48] M. Pennasilico, La “sostenibilità ambientale” nella dimensione civil-costituzionale: verso un diritto dello “sviluppo umano ed ecologico”, in RQDA, 4/2020, 12, 52. Per questa lettura già prima della riforma costituzionale si veda G. Azzariti, Appunto per l’audizione presso la Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica del 16 gennaio 2020 – Modifica articolo 9 della Costituzione, in senato.it, 6 secondo il quale occorre porre l’ambiente «come limite espresso alla libertà di iniziativa economica pubblica e privata, configurando il bene ambientale come un bene (o valore) extra commercium, ovvero sovra commercium, così come lo sono la sicurezza, la libertà e la dignità umana nel nostro articolo 41, specificando ed arricchendo il senso di quel divieto di svolgere l’attività economica privata se in contrasto con l’utilità sociale».
[49] Si vedano le osservazioni di F. de Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost., cit., 14, che vede nell’art. 41, co. 3, Cost. il fondamento di una nuova attività di programmazione verde dell’economia volta a conseguire un modello di sviluppo olistico in cui la tutela dell’ambiente costituisce il fulcro centrale. Aggiunge l’A. che per una volta il nostro Paese ha anticipato un processo che potrebbe avvenire in Europa dove invece la primazia ecologica pone problemi di convivenza con il principio dello sviluppo sostenibile.
[50]Così A. Morrone, L’«ambiente» nella Costituzione, cit., 120,il quale osserva come il fattore “performativo e trasformativo” inserito nel nuovo testo della Costituzione mira a dare tutela ad una società larga dei viventi liberata dal rischio depotenziale, ma effettivo, della sua estinzione.
[51] Secondo la definizione della legge europea sul clima, cit., considerando 1.